Giovanissimi e droghe pesanti dietro la stazione di Rogoredo: il reportage choc -Foto

Giovanissimi e droghe pesanti dietro la stazione di Rogoredo: il reportage choc

di Salvatore Garzillo
In mezz'ora abbiamo contato almeno 50 persone sparire tra gli alberi dietro il guardrail.
Ragazzi di 16 anni, punkabbestia, donne che sembrano appena uscite dal mercato, uomini in giacca, altri con i denti marci e i vestiti logori. Hanno però tutti lo stesso sguardo perso e le gambe rigide, sudano e non per il caldo che alle 15 spezza il fiato. Vanno a comprare eroina e cocaina nel boschetto di Rogoredo, la porta del loro paradiso è in via Sant'Arialdo, dietro quel guardrail che dista cento metri dall'ingresso della stazione e dai binari dove sfrecciano i treni dell'Alta Velocità.

Entriamo anche noi con gli occhi ben aperti su un tappeto di siringhe usate e cumuli di spazzatura di ogni genere. Il sentiero è ormai battuto dal viavai dei tossici, quelli che entrano hanno il passo svelto della scimmia, chi esce è in un'altra dimensione, saluta e chiede una sigaretta. Offrirla è il modo migliore per avere informazioni. «Prosegui dritto, venti metri e trovi i marocchini...». Sono loro i padroni del bosco, dormono in tenda per mantenere la piazza aperta a qualunque ora. «Un grammo di coca costa 60 euro, uno di eroina 20», spiega Massimo, ha 50 anni e viene in treno da Saronno per comprare. Prezzi ridicoli per una qualità infima, ma parliamo di venti-trenta euro in meno rispetto alle altre piazze. 
 
 


Siamo quasi arrivati quando due vedette ci bloccano brandendo spranghe di ferro. «Chi cazzo sei? Che ci fai qui? Non ti muovere che ti ammazzo! Polizia!?» il tono è minaccioso ma non fanno un passo perché potremmo davvero essere poliziotti. Alziamo le mani, togliamo la maglia per dimostrare di essere disarmati, accendiamo una sigaretta per rassicurarli e rispondiamo di non volere problemi, solo un po' di roba. Inizia il test, vogliono sapere da dove arriviamo, se siamo del Corvetto e in che via abitiamo, chi conosciamo, chi ci ha fatto entrare. Le urla svegliano un tossico che ha ancora la siringa accanto, perfino lui capisce che tira una brutta aria e si allontana.

La salvezza è un ragazzo salito a Milano da Caivano, vicino a Napoli. Ci mette un braccio sulla spalla e garantisce per noi con i marocchini. È messo male, ha la vena del collo gonfia di chi è in astinenza ma il suo sorriso sdentato rassicura le vedette e scioglie la tensione. Potremmo chiamarlo il pacifismo del tossico: lui deve farsi e sa bene che qualunque problema nel bosco porterebbe polizia, meno droga e più cara. «Mi faccio ed esco - ci dice tornando serio - tu vattene, che se i pusher sospettano che sei un poliziotto scappano via e allora devi preoccuparti dei tossici che ancora non hanno comprato. Quelli poi ti mangiano vivo».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 25 Luglio 2016, 10:37
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