Giuseppe Sala: "A Milano serve un manager,
per questo io sono il sindaco ideale"

Giuseppe Sala: "A Milano serve un manager, ​per questo io sono il sindaco ideale"

di Simona Romanò
Milanese, 58 anni, sposato, è appassionato di cinema e sport. Ama lo sci, il calcio (tifa Inter), la barca a vela e non per caso ha affrontato la traversata dell'Atlantico. Per rilassarsi dopo le fatiche di Expo, Giuseppe Sala - per tutti Beppe - si è cimentato nel cammino di Santiago di Compostela: quattro giorni a percorrere un centinaio di chilometri. «Un'esperienza da fare una volta nella vita», ha poi scritto su Instagram.

Bocconiano, è un manager da sempre: inizia in Pirelli per approdare in Telecom Italia. Poi, nel gennaio 2009, la svolta nel pubblico quando diviene direttore generale del Comune di Milano e successivamente amministratore delegato di Expo spa; nel 2013 è nominato commissario unico dell'Esposizione, che ha portato al successo planetario. Non rinuncia alle sfide. Ora è immerso in quella delle primarie.
Fra i suoi sostenitori, personalità della società civile e dello spettacolo: Umberto Veronesi, Antonio Albanese, Umberto Ambrosoli, Piero Bassetti, don Gino Rigoldi, Salvatore Veca, Davide Oldani.


Giuseppe Sala, perché votare lei alle primarie del 6 e 7 febbraio?
«Perché sono un uomo del fare e Milano è la città del fare. Perché Expo mi ha insegnato a tenere la barra dritta verso la meta anche in mezzo alle tempeste. Perché con me il centrodestra avrà più difficoltà a trovare un candidato da opporre».

Perché sarebbe un buon sindaco?
«Decidere di candidarmi è stata una scelta fatta con il cuore, prima che con la testa; amo la mia città e la bellissima esperienza di Expo mi ha fatto capire di dovere e potere fare qualcosa di utile per Milano».

Com'è la sua Milano?
«Giusta, forte, bella. Giusta perché è la città dei diritti di tutti, che non distingue i suoi cittadini in base al colore della pelle, alla religione o all'orientamento sessuale. Forte perché solidamente fondata sul lavoro e proprio per questo solidale con chi è più debole. Bella perché curata, piena di vita, internazionale, da piazza Duomo all'area metropolitana».

Il suo essere manager non lo rinnega. Potrebbe essere un punto di forza?
«È sicuramente il punto di forza che voglio mettere a servizio della mia città. Un manager deve sapere ascoltare e guidare; ascoltare tutti, ma capire quando è il momento di guidare».

Il suo sogno da sindaco?
«La riapertura dei Navigli e credo che sia un sogno non soltanto mio, ma di tanti milanesi: vorrei impegnarmi a studiare a fondo questa possibilità. Non si tratta di un'operazione nostalgia, ma di un progetto che ripensa questa città nata sull'acqua guardando al futuro: forse che fra vent'anni ci si muoverà come ci si muove oggi?».

Ha dichiarato che la sua “ossessione” sarebbe di creare lavoro. Come?
«Milano è sempre stata la città delle opportunità e deve continuare ad esserlo soprattutto per i giovani, che arrivano qui da tutta Italia e dal mondo. L'amministrazione deve promuovere programmi di attrazione delle start up, formazione al mondo dell'imprenditoria, semplificazione, sviluppo del co-working, premialità per chi genera crescita e occupazione».

Il fenomeno dell'immigrazione è sempre più allarmante, soprattutto dopo le violenze contro le donne perpetrate dai migranti a Colonia, a Capodanno. A Milano come agirebbe?
«La sicurezza deve essere garantita con la legalità e l'aiuto delle forze dell'ordine: un tavolo di coordinamento come quello fatto per Expo potrebbe essere un passo importante. Ma la sicurezza si garantisce anche creando delle condizioni che facilitino integrazione e controllo sociale. A cominciare dalle nostre periferie, dove occorre investire in progetti di riqualificazione delle aree dismesse, tecnologie di controllo, housing sociale, apertura di scuole per attività culturali e sociali».

Favorevole o contrario a cancellare il reato di immigrazione clandestinità?
«Paradossalmente è un ostacolo alla lotta alla clandestinità, occorre piuttosto velocizzare l'espulsione di chi delinque».

Sul fronte ambientale si è riacceso il dibattito sull'allargamento di Area C. Cosa ne pensa?
«Allarghiamo piuttosto la rete metropolitana e portiamola fino a Monza: quando tutta la città sarà accessibile in metrò anche da fuori, calerà drasticamente il numero delle macchine che vi entrano e che circolano».

Lei è un candidato rock o lento?
«Mi ritengo dinamico e concreto, quindi decisamente rock».

È un uomo che non teme le sfide: nella sua vita ne ha vinte tante. Candidarsi per la corsa a sindaco è un'altra?
«Più che una sfida è per me una magnifica avventura».

Primissimo atto se lo diventasse?
«Riporterei in consiglio la delibera sulla riqualificazione degli scali ferroviari, per farla approvare. Sarebbe un passo importantissimo per i quartieri coinvolti».

Due aggettivi per definirsi?
«Pignolo e altruista».

Chi vorrebbe nella sua giunta?
«La squadra non la deciderò da solo, voglio solo dire che le competenze specifiche saranno il punto di partenza per individuare le donne e gli uomini che la comporranno».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 20 Gennaio 2016, 10:50
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