Iannetta, il candidato sindaco più giovane:
"Conosco bene i veri problemi dei milanesi"

Iannetta, il candidato sindaco più giovane: ​"Conosco bene i veri problemi dei milanesi"

di Simona Romanò
Nato a Milano in zona Niguarda 41 anni fa, sposato, padre di Caterina e Nicolò. Laureato in Conservazione della natura e delle sue risorse, ha interesse per i temi ambientali. È direttore generale della Uisp milanese, l’Unione italiana sport per tutti che conta - fra città e provincia - 550 società affiliate e 70mila tesserati: incarico che in 10 anni gli ha permesso di costruito una fitta rete di rapporti e relazioni sul territorio. Qualcuno lo definisce l’alieno, sceso in campo contro i big, mentre lui si definisce un coraggioso «manager del sociale». Per anni ha coordinato progetti di cooperazione internazionale il cui ingrediente primario era lo sport in Paesi come Somalia, Palestina, Brasile.


Antonio Iannetta, lei è il più giovane dei candidati e un volto sconosciuto. Chi l'ha spornato verso questa avventura?
«Le persone con cui da circa 10 anni ho contatti, che lavorano nel mondo del volontariato e dell'associazionismo. Non sono un politico, ma un candidato della società civile, che arriva dal territorio e quindi non è calato dall'alto; che ha un contatto quotidiano con le problematiche dei milanesi, soprattutto di quelli che vivono nelle periferie».

Perché votare lei alle primarie del 6 e 7 febbraio?
«Perché gli altri tre candidati sono vintage, io sono il nuovo. I miei avversari sono più vicino al centro città, io invece alle periferie, ai cittadini, ai loro problemi e quindi so capire meglio le loro esigenze».

Quale slogan lancia per il rush finale della campagna elettorale?
«La Milano che vorrei è una città policentrica: grande attenzione ai quartieri decentrati con un occhio di riguardo alla rigenerazione urbana, che significa non consumare più suolo pubblico, ma recuperare gli spazi già esistenti, le aree dismesse, da me già mappate».

Perché sarebbe un buon sindaco per Milano?
«Perché saprei interpretare i bisogni della gente, dando risposte concrete ai temi di tutti i giorni».

Quali sono le sue priorità?
«Riportare il biglietto dei mezzi pubblici a 1 euro, ovviamente non perdendo di vista le necessità di bilancio. E trovare fondi per rilanciare le imprese che hanno una vocazione sociale».

Cosa farebbe per rendere la città più vivibile?
«Studierei un sistema di trasporto pubblico nell'ottica della Città metropolitana, ovvero un sistema che metta in collegamento nel migliore dei modi Milano con i paesi dell'hinterland. I pendolari provenienti dai Comuni dell'ex Provincia devono poter accedere alla città avendo un'ampia offerta di mezzi pubblici, che ora oggettivamente manca».

Allargherebbe l'Area C?
«Non ora, perché non è ancora abbastanza efficiente il trasporto pubblico».

Lo sport, dopo 10 anni all'Unione italiana sport per tutti, è nelle sue corde. Milano è una città per sportivi?
«Non è stato ancora fatto abbastanza. Basti pensare agli impianti inadeguati per le nuove tendenze sportive: il nutrito popolo dei runner corre in parchi che sono palestre a cielo aperte non ancora attrezzate. Un esempio concreto: in largo Marinai d'Italia scarseggia l'illuminazione ed è un problema soprattutto per l'utenza femminile. Vorrei creare palazzetti per gli sport urbani - dallo skate al free running - come la struttura di oltre 2mila metri quadrati che ho contribuito ad aprire al Niguarda in via Val Maira: è un bel luogo di aggregazione sociale per il quartiere popolare».

Due aggettivi per definirsi?
«Tenace e aperto al confronto».

Chi sono i suoi sostenitori?
«Tutte le persone che lavorano nel terzo settore e che hanno reso Milano la capitale italiana del volontariato».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 22 Gennaio 2016, 09:48
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