Teresa e Trifone: i fidanzati uccisi
per pagare un "pegno d'amore"

Teresa e Trifone: fidanzati uccisi per un "pegno d'amore"

di Cristina Antonutti
Nessuno dichiara di aver visto il killer sparare o avvicinarsi alla Suzuki Alto di Trifone Ragone e Teresa Costanza. A portare gli inquirenti a Giosuè Ruotolo, indagato di duplice omicidio, sono state una serie di bugie che il commilitone ed ex coinquilino del ventottenne di Adelfia ha disseminato tra le pieghe dell’inchiesta. Bugie scoperte grazie alle telecamere, ai tabulati telefonici e alla super perizia informatica disposta dalla Procura.


Una perizia che, nell’inchiesta che per la prima volta in Italia dà la caccia a un assassino attraverso il mondo dei social network, rischia di incastrare il caporal Ruotolo e la sua fidanzata, la studentessa universitaria Maria Rosaria Patrone, a sua volta indagata per false informazioni rese al pm, istagazione all’omicidio e/o in alternativa favoreggiamento.

Nei computer e nei telefonini (che siano smartphone o iPhone) c’è la chiave del giallo. Perché sono delle autetiche spie che lasciano traccia di ogni spostamento, conversazione, navigazione su internet, messaggio inviato o ricevuto, oltre che di ogni attività compiuta. Come la cancellazione di conversazioni sulle chat, file, profili facebook, formatizzazioni o resettazioni. Attività che Ruotolo e la Patrone avrebbero fatto poco prima del delitto e subito dopo l’iscrizione del militare nel registro degli indagati. Su questo fronte, grazie al lavoro del reparto telematico del Ros, non ci sono più segreti per la Procura.Gli hard disc dei supporti informatici e dei cellulari hanno riportato a galla tutto ciò che era stato cancellato. Profilo facebook anonimo compreso. Sono riapparse conversazioni sospette, anche quelle inviate a Teresa Costanza di nascosto, frasi che lascerebbero trapelare una gelosia morbosa da parte di Rosaria Patrone e che hanno portato la Procura a sondare l’ipotesi dell’istigazione all’omicidio. Il sospetto degli inquirenti è che la studentessa abbia esasperato Ruotolo al punto tale da portarlo a uccidere, magari sfidandolo a compiere un gesto eclatante, senza rendersi conto di quelle che sarebbero state le conseguenze. Il motivo? Banale. Tanto che qualcuno si spinge a parlare di un «pegno d’amore».

Alle difese la perizia informatica lascia ben poco spazio di azione. I dati sono stati acquisiti alla presenza della controparte e attraverso strumenti che non alterano i contenuti delle fonti di prova durante l’acquisizione. «Significa - spiega il perito informatico Simone Bonifazi, che tutela le parti offese - che si possono aprire e copiare file senza modificarli o distruggerli. Il caso di Alberto Stasi è emblematico: ebbe accesso al suo portatile senza che prima fosse stata fatta una copia dell’hard disc, quindi alterando date e orari di tre quarti dei file contenuti». Questo errore non si è ripetuto a Pordenone. Gli uomini del Ros hanno usato strumenti al top, a cominciare da quelli per l’operazione di "write blocker", il dispositivo usato per prevenire alterazioni.

I telefonini? «Li spengono, tolgono la batteria e la sim - spiega Bonifazi - Altrimenti nel momento in cui accedo, cambio data e ora nei file di log». Per questo sono stati usati strumenti come Ufed Cellebtite e Xry. Il risultato? Tutto ciò che Ruotolo e fidanzata si sono scambiati prima e dopo il delitto è riaffiorato: conversazioni whatsApp, traffico internat, file sharing, sms, foto. Tutto. Anche se si tratta di iPhone e iPad, grazie agli iCloud (copie di sicurezza dei propri dati su un hard disc on line).
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 Gennaio 2016, 12:51
© RIPRODUZIONE RISERVATA