Soffocata a 3 mesi dal papà. "Voleva speculare dando la colpa ai medici"

Soffocata a 3 mesi dal papà. "Voleva speculare dando la colpa ai medici"
Avrebbe soffocato di notte la figlia di tre mesi ricoverata in ospedale: i carabinieri hanno arrestato il 29enne di Altamura Giuseppe Difonzo, che era già detenuto per violenza sessuale nei confronti di una minorenne figlia di amici di famiglia. Stando alle indagini dei militari, coordinate dal pm della Procura di Bari Simona Filoni, l'uomo avrebbe più volte tentato di soffocare la figlia provocando continui ricoveri. La notte fra il 12 e il 13 febbraio scorso, secondo il pm con premeditazione, l'avrebbe uccisa. 

Ecco cos'è la sindrome di Munchausen

Dal 19 novembre 2015 al 13 febbraio, giorno del decesso, la bambina di tre mesi che secondo la Procura di Bari sarebbe stata soffocata e uccisa dal padre, il 29enne Giuseppe Difonzo, era stata ricoverata per complessivi 76 giorni. L'ultimo ricovero, fino al giorno della morte, era stato nell'ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari. Ad insospettire il personale sanitario, che ha poi contattato il Tribunale per i minorenni, è stata la constatazione che la piccola, quando era in ospedale, stava bene, non aveva alcun sintomo di difficoltà respiratorie né patologie tali da giustificare i disturbi che costringevano ai ricoveri.

«Gli esiti investigativi - spiega la Procura di Bari in una nota - consentivano di accertare che la lattante deceduta era stata destinataria di diverse azioni aggressive e violente ordite ai suoi danni dal padre, soggetto portatore della Sindrome di Munchausen». La particolare patologia psichiatrica consiste nel tentativo, di chi ne è affetto, di attirare su di sé l'attenzione. L'uomo, infatti, come documentato dalle indagini, è stato ricoverato negli anni precedenti questa vicenda per ben 28 volte, in una occasione dopo aver simulato un tentativo di suicidio.

LO HA FATTO DAVANTI A UN BIMBO DI 3 ANNI C'è un testimone oculare, un bambino di tre anni e mezzo che era ricoverato nella stanza d'ospedale della piccola Emanuela Difonzo, che avrebbe assistito ad un tentativo di soffocamento della stessa bimba di tre mesi da parte del padre, la mattina precedente al giorno in cui Emanuela venne uccisa. Il bambino è stato sottoposto nei mesi scorsi ad ascolto protetto e ha confermato l'episodio mimando i gesti visti fare all'uomo.

Verso mezzogiorno del 12 febbraio scorso, secondo quanto accertato dagli investigatori, nella stanza c'erano soltanto il padre di Emanuela, la piccola e il bambino ricoverato nel letto accanto. Ad un certo punto Giuseppe Difonzo l'avrebbe distratto facendolo giocare con il suo telefonino e si sarebbe poi avvicinato al letto della figlia toccandola e premendole su fronte, bocca, collo e pancia. Subito dopo la bambina avrebbe iniziato a stare male. L'intervento di medici e infermieri le salvò la vita, ma dodici ore più tardi il 29enne ci avrebbe riprovato, questa volta riuscendo ad uccidere la figlia. 

POTEVA ESSERE SALVATA La piccola Emanuela Difonzo, morta il 13 febbraio 2016 a soli tre mesi nell'ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari - secondo la Procura di Bari soffocata dal padre - forse si sarebbe potuta salvare. Dagli atti dell'inchiesta che ha portato oggi all'arresto dell'uomo, il 29enne di Altamura (Bari) Giuseppe Difonzo, emerge infatti che la situazione famigliare e di pericolo della bambina era stata segnalata da tempo al Tribunale per i minorenni di Bari.

Già nel dicembre scorso, dopo il terzo ricovero della piccola, il primario di Neonatologia del Policlinico di Bari aveva segnalato al Tribunale per i minorenni un sospetto su possibili maltrattamenti subiti da Emanuela, ritenendo che i problemi respiratori della bambina non derivassero da una condizione clinica. Il successivo 9 gennaio, però, la piccola venne dimessa e ricoverata nuovamente il giorno dopo per una crisi respiratoria.

Solo il 15 gennaio la piccola fu affidata ai servizi sociali di Altamura per collocarla in una comunità. Il provvedimento, però, sulla base della relazione degli assistenti sociali, del curatore nominato dal Tribunale e delle dichiarazioni dei genitori, venne sospeso il 25 gennaio e poi definitivamente revocato il 29 gennaio. Il Tribunale riaffidò così la bimba a Giuseppe Difonzo e alla compagna, disponendo però visite domiciliari a partire dal 2 febbraio. Una settimana dopo Emanuela venne ricoverata di nuovo e il 13 febbraio morì. 

VOLEVA SPECULARE DANDO LA COLPA AI MEDICI Avrebbe ucciso la figlia e poi «utilizzato la morte della piccola, con modalità e contenuti da rabbrividire, al solo scopo di speculare sulla stessa, nel tentativo di invocare la responsabilità dei medici e di ottenere un risarcimento dei danni». È un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere notificata oggi al 29enne di Altamura Giuseppe Difonzo, accusato dell'omicidio volontario premeditato della figlia Emanuela, di soli 3 mesi, soffocata nel febbraio scorso durante un ricovero nell'ospedale Pediatrico di Bari. Stando alle indagini dei Carabinieri, coordinati dal pm Simona Filoni, l'uomo avrebbe inoltre «utilizzato la vicenda della morte della figlia per suscitare sentimenti di pietà e commozione» e ottenere donazioni da amici e conoscenti. Nelle numerose telefonate intercettate, una anche con il Vaticano il cui il 29enne chiedeva di parlare con il Papa, l'uomo raccontava menzogne sui suoi bisogni economici dovuti al decesso della figlia, dal pagamento dei consulenti tecnici all'avvocato. Le indagini hanno però documentato che avrebbe poi utilizzato quei soldi per acquistare cibo, sigarette, ricariche telefoniche e gasolio. 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Novembre 2016, 17:11
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