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Smerciava snack a scuola, studente sospeso: “Ai pusher però non fanno niente”
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L'idea era semplice ma geniale: dal momento che snack e bibite venduti nei distributori automatici della scuola erano troppo costosi, studiava appositamente le offerte di tutti i supermercati della zona e acquistava i prodotti più richiesti negli esercizi commerciali con i prezzi migliori, per poi rivenderli a scuola. Un piccolo business nato per gioco, ma illegale, che è già costato caro ad uno studente 17enne di Moncalieri (Torino) e che ora rischia di costare carissimo.
«Tutto era comiciato lo scorso anno, quando mi resi conto che era troppo far pagare agli studenti 1,50 euro un tè freddo che al supermercato costa non più di 35 centesimi, o merendine da 30 centesimi addirittura un euro. Così iniziai a organizzarmi e a fare la spesa per i miei compagni di classe» - racconta Antonio, lo studente che gestiva il mercato parallelo - «Non vendevo a prezzi eccessivamente maggiorati, i margini di guadagno erano bassi ma chi comprava poteva risparmiare moltissimo rispetto alle macchinette. Poi mi sorpresero e fui prima sospeso e poi bocciato. Per parecchio tempo mi fu anche impedito di uscire dalla classe durante la ricreazione».
Con l'arrivo del nuovo anno scolastico, il ragazzo ha riprovato l'avventura imprenditoriale, ma è stato colto sul fatto e sospeso ancora una volta. Il padre lo difende: «L'anno scorso lo sgridai e decisi di punirlo, poi mi aveva detto che alcuni compagni di classe continuavano a chiedergli quel favore. D'altronde, questa volta è stato sorpreso con poche merendine e qualche bottiglietta di tè. Antonio è un bravo ragazzo, molto timido. Non beve, non fuma, non si droga e non ha piercing né tatuaggio». Il ragazzo però non vuole accettare una nuova sanzione da parte della scuola: «C'è chi in classe porta e vende droga, ma a loro non fanno nulla. Perché?».
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