Sarah Scazzi, lo zio Misseri alla psicologa:
"Da piccolo ho subito violenze da un parente"

Sarah Scazzi, lo zio Misseri alla psicologa: "Da piccolo ho subito violenze da un parente"
BARI - Quando ero piccolo ho subito delle violenze, non da mio padre, ma da un suo cugino che ormai morto. Ho subito abusi sessuali, robe del genere, a pensare ho ancora adesso i dolori. Non l'ho mai detto a nessuno. È la registrazione di uno dei colloqui che Michele Misseri, nell'estate 2013, ha avuto con la psicologa consulente della difesa, Annamaria Casale, ed il cui video sarà diffuso stasera nel programma 'Segreti e delitti' in onda su Canale 5, a quanto diffuso da Mediaset in una nota. La moglie, Cosima Serrano, e la loro figlia Sabrina sono state condannate in primo grado all'ergastolo per l'uccisione di Sarah Scazzi mentre l'uomo è stato condannato a otto anni di reclusione per soppressione di cadavere. «Mia moglie - prosegue il contadino riferendosi alla violenze subite da piccolo, quando aveva 7-8 anni - l'ha scoperto dopo, quando l'ho detto in Tribunale. «Nemmeno i miei figli lo sapevano. Non ricordo quante volte sia successo, ma più di una volta». «Sono stato legato sotto un albero - aggiunge - quel famoso albero di fico sotto il quale volevo lasciare Sarah. Vi ho lasciato lì Sarah, perchè quell'albero nascondeva troppe cose. È lì che mio padre ci legava, cioè mi legava con le mani dietro, dietro alla spalla. Potevi girare tutto l'albero, ma fuori dall'albero non uscivi, tanto non ti vedeva nessuno. Anche se passavano persone non ti vedevano. È lì che ho subìto quel che ho subìto...Non ricordo quanto, se rimanevo 2 ore, 3 ore. Ricordo che il più delle volte mia madre mi portava da mangiare di nascosto e poi prendeva botte da mio padre».



IL SOGNO Alla psicologa, Michele racconta tra l'altro non solo di aver sognato Sarah ma anche di aver cercato di tirare fuori dal pozzo il cadavere: «La prima notte, dopo averla messa lì, l'ho sognata che diceva: 'Zio, ho freddo'. Anzichè andare a lavoro sono andato al pozzo con una corda per entrare e farla uscire fuori, ma non entravo, non entravo. Ho provato a entrare nel pozzo, ma non entravo perchè era troppo stretto. Giuro che se io fossi potuto entrare io a vederla legata... chissà, forse l'avrei portata io stesso in caserma, magari sarei esploso. Non lo so proprio, non lo so, non è stato possibile». Infine ribadisce la sua responsabilità nell'uccisione della nipote: «Ricordo che ho preso la corda, però non ricordo i giri che ho fatto, non ricordo quanto ho stretto. Ricordo solo che avevo in mano quella corda quando è suonato il cellulare. Ho visto che stava in piedi, la tenevo e poi si è accasciata. Non c'è stato urlo, niente di niente».



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Ultimo aggiornamento: Sabato 12 Luglio 2014, 12:56
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