La dichiarazione del ministro è di quelle che non passano inosservate e a stretto giro arrivano le repliche di Luigi Di Maio («Vada via lui, non i giovani»), Pippo Civati («Giovani votano no e Poletti la fa pagare»), Nichi Vendola («togliamocelo dai piedi), Stefano Fassina (»È ora che Poletti si dimetta«), Barbara Saltamartini (»È più offensivo di Renzi«).
E così arriva la retromarcia: «Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso» si difende il ministro, che precisa: »Penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri«. La giornata, sul fronte lavoro era iniziata con i dati dell'Osservatorio Inps, che certificano una frenata delle assunzioni a tempo indeterminato mentre prosegue sostenuta la vendita dei voucher: nei primi 10 mesi dell'anno sono stati venduti 121,5 milioni di buoni per il lavoro accessorio con un aumento del 32% rispetto allo stesso periodo del 2015. Il dato probabilmente non tiene ancora conto delle modifiche introdotte sulla tracciabilità (sanzione tra i 400 e i 2.400 euro per l'imprenditore o il professionista che non comunica l'inizio della prestazione) dato che le nuove norme sono entrate in vigore il 7 ottobre, ma è possibile che anche nei prossimi mesi non ci siano frenate e che l'uso cresca ancora grazie al passaggio in chiaro di ore di lavoro per ora prestate in nero.
Il Governo, ha annunciato Poletti, è pronto a intervenire ancora e a »rideterminare dal punto di vista normativo il confine dell'uso dei voucher. Abbiamo introdotto la tracciabilità e dal prossimo mese vedremo l'effetto. Se è quello di una riduzione della dinamica di aumento e di una messa sotto controllo di questo strumento, bene. Se invece i dati ci diranno che anche questo strumento non è sufficiente a riposizionare correttamente i voucher la cosa che faremo è rimetterci le mani«. Nessun intervento di correzione è invece previsto per il Jobs act: »E stata - ha detto Poletti - una buona legge, una legge che ha fatto bene e fa bene al Paese«. La frenata delle assunzioni stabili è legata alla riduzione degli incentivi sulle assunzioni a tempo indeterminato. Nei primi dieci mesi si è avuto un saldo positivo tra nuovi rapporti stabili (1,37 milioni) e cessazioni (1,3 milioni) di 61.640 unità con un calo dell'89% rispetto ai primi 10 mesi del 2015 quando l'esonero contributivo previdenziale era totale.
L'Inps segnala anche un aumento dei licenziamenti in generale (+3,4% da 490.039 a 506.938) ma un boom per quelli di natura disciplinare (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo).
Non è chiaro ancora il collegamento con l'introduzione del contratto a tutele crescenti. Nello stesso periodo, infatti, sono diminuite in modo consistente le dimissioni (da 762.517 a 658.666, -13,6%) e nelle scorse settimane il presidente Inps, Tito Boeri, ha collegato questo fenomeno con l'introduzione delle norme sulle dimissioni on line che hanno reso più complicato l'abbandono volontario del posto di lavoro, soprattutto per gli stranieri, costringendo in molti casi i datori di lavoro al licenziamento disciplinare il dipendente resosi irreperibile.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 19 Dicembre 2016, 22:02
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