"Soldati vittime dell'uranio impoverito,
per mio marito soltanto un'indennità"

"Mio marito vittima dell'uranio, ma per lui soltanto un'indennità"
ABANO TERME - Non c'è risarcimento al mondo che possa compensare una non vita. Né restituire speranze, prospettive e progetti che non hanno mai potuto realizzarsi. L'unico orizzonte rimasto a Gianna Fasolato, 47 anni, moglie di Alessandro Chini, maresciallo dell'Aeronautica colpito dal 1999 da una grave forma leucemica provocata dall'uranio impoverito è solo quello della stanza dove assiste il coniuge 24 ore al giorno. Con tanto amore. Ma con un rimpianto, ogni giorno più grande per una vita portata via da chi sapeva e non ha voluto parlare.

La notizia delle responsabilità riconosciute dalla Corte di Appello di Roma a carico del Ministero della Difesa, per i silenzi e le omissioni sui rischi dell'uranio, che condussero alla morte del sottufficiale Salvatore Vacca, morto a 23 anni nel 1999 per la stessa patologia, serve solo a confermare a Gianna Fasolato la verità in cui ha sempre creduto. Chi sapeva non ha parlato mentre decine di militari si ammalavano. Ora la sentenza romana potrebbe aprire nuovi sviluppi di una vicenda sulla quale da anni è calata una cortina di silenzio. «Ci è stata riconosciuta un'indennità - dice la donna - che permette a malapena di sostenere i costi delle cure».
 
Ultimo aggiornamento: Domenica 22 Maggio 2016, 12:34
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