Tremila anni fa esisteva già il melone:
ecco i semi più antichi ritrovati in Sardegna
Al centro della eccezionale scoperta c'è l'equipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell'Università di Cagliari, guidata da Gianluigi Bacchetta. In questi pozzi non distanti dal luogo dove furono rinvenuti i Giganti di Mont'e Prama, sono stati trovati i semi di melone più antichi del Mediterraneo e molti altri interessanti materiali biologici di specie coltivate in epoca nuragica. «I padri dei moderni sardi conoscevano questo frutto con molta probabilità grazie ai continui scambi commerciali intrattenuti con le popolazioni di navigatori del vicino e Medio Oriente», sottolinea Bacchetta.
È di pochi giorni la pubblicazione del risultato della ricerca su Plant biosystems, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali del settore. Questi antichi reperti del frutto sono stati trovati all'interno dei pozzi che avevano la funzione di tenere freschi gli alimenti, i primordiali frigoriferi. «Questa scoperta riscrive in parte la storia delle coltivazioni nell'isola - sottolinea ancora il coordinatore dell'equipe - infatti fino a oggi si pensava che la coltivazione del melone fosse arrivata grazie ai romani e i greci che dall' Asia l'hanno fatta arrivare nello stivale e di lì nel continente europeo».
Questo ritrovamento fa coppia con un altro recentissimo ad opera della stessa èquipe e che interessa lo stesso sito archeologico dove sono stati rinvenuti semi di vite, scoperta che ha fornito importanti indizi sull'origine della viticultura in Sardegna ed in Europa. «Questo ritrovamento è ancora più eccezionale - aggiunge Bacchetta - già si sapeva o supponeva che la viticultura fosse già nota ai nostri antenati. Ma mai si poteva supporre che anche il melone fosse coltivato in Sardegna».
Il lavoro è stato portato avanti grazie ad un lavoro di equipe che ha coinvolto la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, il gruppo di ricerca in archeobiologia dell'Instituto de Historia (CCHS-CSIC) di Madrid, l'Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA-CNR) di Sesto Fiorentino, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ed il laboratorio di Palinologia e Paleobotanica dell'Università di Roma La Sapienza.
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 18 Febbraio 2015, 20:53
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