Lidia Macchi, la lettera anonima del killer
dopo l'omicidio: "Io barbaro assassino"

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Una lettera anonima inviata a casa della famiglia di Lidia Macchi, poco dopo il suo omicidio nel 1987 ha permesso agli inquirenti a quasi trent'anni di distanza di arrestare Stefano Binda.
Il testo integrale è scritto in stampatello su un foglio bianco, di quelli da inserire nei quaderni a ganci, su due colonne.

LA CALIGRAFIA «Mi colpiva la grafia in quanto da subito mi è parsa familiare (...) così andavo a riprendere le cartoline che mi aveva spedito in quegli anni Stefano e con sorpresa notavo una grande somiglianza della grafia». È la testimonianza del 24 luglio scorso di una donna, più di trent'anni fa amica di Stefano Binda, che ha dato una svolta nelle indagini sull'omicidio di Lidia Macchi, uccisa nel 1987 e per il quale oggi l'uomo è stato arrestato.

La donna, infatti, vide la lettera anonima, che era stata mandata alla famiglia Macchi il giorno dei funerali, pubblicata lo scorso giugno sul quotidiano 'La Prealpina' e notò la somiglianza della grafia con le cartoline che le inviava Binda. Una perizia comparativa, poi, tra quelle cartoline e lo «scritto» anonimo ha permesso, stando all'ordinanza firmata dal gip di Varese, di «disvelare» l'autore di quel «componimento in versi», ossia lo stesso Binda.

"BARBARO ASSASSINO" «Stefano è un barbaro assassino». Sono le parole scritte in un foglio trovato dentro un'agenda rinvenuta a casa di Stefano Binda, l'uomo arrestato oggi per l'omicidio di Lidia Macchi, uccisa nel 1987. La «grafia» del foglio «risulta ascrivibile allo stesso Binda», si legge nell'ordinanza di custodia cautelare.

«Agnello senza macchia», «agnello purificato che pieghi il capo timoroso e docile», agnello «sacrificale che nulla strepiti, non un lamento»: così è definita Lidia Macchi, la ragazza uccisa a Cittiglio, nel Varesotto, a inizio 1987, nella lettera anonima arrivata alla famiglia nel giorno del funerale.

Una lettera in stampatello che secondo gli inquirenti è stata scritta da Stefano Binda, arrestato a 29 anni di distanza per l'omicidio. Si tratta di una sorta di poesia composta da otto strofe e intitolata «In morte di un'amica» con diversi riferimenti religiosi (anche un non correttissimo verso in latino), alla crocifissione e all'uccisione di Lidia, colpita da 29 coltellate.

«Orrenda cesura, strazio di carni» ha scritto, «perché io. Perché tu. Perché, in questa notte di gelo, che le stelle son così belle, il corpo offeso, velo di tempio strappato, giace». «Nel nome di Lui, di colui che ci ha preceduto, crocifissa, sospesa a due travi. Nel nome del Padre - è la conclusione - sia la tua volontà».

L'ALIBI Stefano Binda, già subito dopo l'omicidio di Lidia Macchi del 1987, si premurò «di darsi un alibi» sostenendo «di aver preso parte ad una vacanza organizzata a Pragelato nel periodo 1-6 gennaio» di quell'anno e, dunque, di essere stato lontano da Cittiglio (Varese) la sera del 5 gennaio quando la studentessa venne uccisa.

Tuttavia, «la verità è che Binda non è affatto andato in montagna o forse è tornato un giorno prima». Lo scrive il gip di Varese Anna Giorgetti nell'ordinanza di custodia a carico di Binda, spiegando che anche un amico «del cuore» del presunto assassino, sentito come teste, «si preoccupa di offrirgli un alibi sicuro» anche se «sa perfettamente» che «quello stesso 5 gennaio» l'uomo era a Cittiglio e «lo ha visto».

Nelle prime dichiarazioni del 13 febbraio '87 l'amico aveva dichiarato, tra l'altro, che Binda la sera del 5 gennaio andò «al cinema» con lui a Cittiglio, salvo poi «ritrattare» nei successivi verbali, dicendo di non averlo visto. I due, per il gip, si sarebbero sentiti per «cambiare versione».

LA LETTERA
In morte di un'amica
La morte urla contro il suo destino. Grida di orrore per essere morte: orrenda cesura, strazio di carni. La morte grida e grida l'uomo della croce. Rifuto, il grande rifiuto. La lotta la guerra di sempre. E la madre, la tenera madre con i fratelli in pianto. Perché io. Perché tu. Perché, in questa notte di gelo, che le stelle son così belle, il corpo offeso, velo di tempio strappato, giace. Come puoi rimanere appeso al legno. In nome della giustizia, nel nome dell'uomo, nel nome del rispetto per l'uomo, passi da noi il calice. Ma la tetra signora grida alte le sue ragioni. Consumatus est questo lo scritto dell'antichissimo errore E tu agnello senza macchia e tu agnello purificato che pieghi il capo timoroso e docile, agnello sacrificale, che nulla strepiti, non un lamento. Eppure un suono, persiste una brezza ristoro alle nostre aride valli in questa notte di pianti. Nel nome di Lui, di colui che cui ha preceduto, crocifissa, sospesa a due travi. Nel nome del Padre sia la tua volontà.

"Sono un barbaro assassino".

La grafia riconosciuta da un'amica

Posted by Leggo - Il sito ufficiale on Venerdì 15 gennaio 2016

Ultimo aggiornamento: Venerdì 15 Gennaio 2016, 19:42
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