L'Aquila, a 6 anni dal terremoto nulla è cambiato.
Negozianti disperati: "Rischiamo lo sfratto"

L'Aquila, a 6 anni dal terremoto nulla è cambiato. ​Negozianti disperati: "Rischiamo lo sfratto"

di Bianca Francavilla
Era le ore 3.32 del 6 aprile 2009 quando la terra tremò a L’Aquila: un sisma di magnitudo 5.9, localizzato ad una profondità 8.8 km. Una notte di terrore e di lacrime: 309 morti, 1600 feriti. Dopo i primi giorni si capì la portata della tragedia, contando pure gli 80.000 sfollati. Inutili le promesse, L’Aquila è ancora una città fantasma.





“Ci vorranno sette anni - decretavano i telegiornali il 6 aprile del 2009 - perché L’Aquila torni come prima”. Sono trascorsi più di sei anni e invece sembra il giorno dopo il terremoto. La città è un cantiere aperto, abitata solo dagli addetti alla ricostruzione. I proprietari delle case ricostruite non sono tornati in città ed i commercianti stanno vivendo un secondo terremoto.



Tiziana era una parrucchiera che lavorava in centro. «Mi sono dovuta trasferire in un centro commerciale: un cambiamento drastico che non volevo fare. Nel locale crollato c’erano tutti i miei attrezzi, che ho potuto ricomprare solo con l’aiuto economico del marchio». Una storia simile quella di Liliana. «Per due anni il mutuo mi è stato congelato, poi ho dovuto ricominciare a pagare per un negozio che chissà se e quando rivedrò. Ho speso 60mila euro, rischiando il dissesto finanziario per costruire su un terreno non edificabile in periferia. E vivo con l’ansia perché il Comune potrebbe chiedermi lo sgombero».



Lo stesso rischio di Andrea, titolare di un pub. «Ho riaperto fuori dalle mura senza agevolazioni. Ho un contratto di affitto per una struttura mobile ma non so cosa succederà e se, come si dice, la zona verrà sgomberata e riqualificata». Non è migliore la situazione per i pochi che sono riusciti a resistere in centro. La titolare della pasticceria Celso Cioni parla di «clientela cambiata. Siamo solo io e altri tre negozi qui in centro».



Per la titolare del negozio Nurzia, invece, i guai iniziano adesso. «Con prepotenza – spiega – sono riuscita a restare in centro anche se il mio negozio era agibile per metà. Ma non ho il gas e gli affari, dopo il “turismo del terremoto”, sono crollati. Ora partiranno i lavori nella palazzina sopra di me e dovrò chiudere. Mi permetteranno una struttura mobile? Temo che il peggio, per me, debba ancora arrivare...».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 14 Settembre 2015, 15:22
© RIPRODUZIONE RISERVATA