Karaoke, arriva la soprattassa:
anche per i locali notturni

Karaoke, arriva la soprattassa: anche per i locali notturni
Divertente e conviviale ma cantare tra amici costerà caro. Sul karaoke in tv - ma a quanto pare anche per quello utilizzato sugli schermi dei tanti locali pubblici, notturni e non solo, che intrattengono i clienti con questo 'giocò - scatta la 'soprattassà.

La Cassazione infatti avverte che essersi messi in regola con il diritto di rappresentazione, esecuzione o radiodiffusione dei testi delle canzoni - sui quali si cimentano i cantanti 'amatorialì alle prese con il karaoke - non è sufficiente. Occorre chiedere al titolare dei diritti d'autore, che spesso sono le grandi case di distribuzione dei prodotti di intrattenimento (musica, film, videogiochi), il permesso di riprodurre i testi delle canzoni, anche se solo per pochi minuti, e pagare le relative royalties. Non basta assolutamente essersi messi 'in regolà solo per l'esecuzione della parte musicale.

Per questo motivo, la Suprema Corte ha accolto - con due distinte sentenze, n. 11873 e 11874 - i ricorsi della Emi e della Warner contro la Rai che riteneva di non dover pagare i diritti di riproduzione dei testi delle canzoni utilizzate nelle gare di karaoke andate in onda nelle trasmissioni 'Furorè e 'Superfurorè. Sia in primo grado che in appello, i magistrati di merito avevano dato ragione alla Rai. Invece, ad avviso degli 'ermellinì, «la proiezione sullo schermo televisivo del testo di canzoni, contemporaneamente all'esecuzione in studio dei brani musicali nell'ambito di trasmissioni che eseguono lo schema del cosiddetto karaoke», costituisce «atto di riproduzione che necessita dell'autorizzazione dell'autore, indipendentemente dalle finalità di profitto».

Questo perchè il karaoke - prosegue il verdetto - «presuppone la registrazione, anche transitoria, del testo su un supporto, qualunque esso sia; nè il diritto di riproduzione del testo può ritenersi compreso nel diritto di rappresentazione, esecuzione, radiodiffusione del brano musicale per il quale l'autorizzazione sia stata eventualmente rilasciata, trattandosi di diritti separati, tanto più nel caso di canzoni, per le quali la legge distingue tra compositore della musica e paroliere».

Nel ricorso in Cassazione, giudicato «fondato» dagli 'ermellinì, Emi e Warner hanno sostenuto che «la visualizzazione sullo schermo della parte grafica di un'opera, rappresentata dallo spartito musicale» costituisce «una vera e propria riproduzione e non una rappresentazione o esecuzione dell'opera, realizzandosi una fissazione, seppur temporanea, della parte dell'opera musicale trascrivibile (appunto lo spartito o il testo letterario) su un supporto materiale, costituito dallo schermo del computer o dal televisore». Ora la Corte di Appello di Roma deve rivedere la sua decisione.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 9 Giugno 2016, 19:30
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