Italicum: dal listone di centrodestra alle liste bloccate, i partiti divisi sulle elezioni

Italicum: dal listone di centrodestra alle liste bloccate, i partiti divisi sulle elezioni

di Alessandra Severini
Tutti o quasi vogliono le elezioni dopo il pronunciamento della Consulta sull'Italicum. Ma al di là delle parole ogni forza politica sta valutando quanto sia conveniente per ciascuna andare a votare con due sistemi elettorali diversi per Camera e Senato.

Silvio Berlusconi è fra i pochi convinti sostenitori della necessità di un intervento del Parlamento, anche perchè non lo convince la proposta di Salvini di andare alle urne con un listone unico di centrodestra. Anche il presidente del Senato Grasso, chiede «un'intesa tra partiti», perché i due modelli sono troppo disomogenei e mettono a rischio la «governabilità». E' di fatto il pensiero del presidente Mattarella che, più che della data del voto, si preoccupa della stabilità successiva, che le attuali leggi elettorali non sembrano in grado di assicurare.

Nel Pd invece c'è aria d'attesa. Renzi che sembrava orientato per il voto già a giugno ora tentenna. Il partito non ha una linea unica e la minoranza critica i capilista bloccati che lascerebbero il segretario dominus nella formazione delle liste. La verità è che difficilmente un partito, qualsiasi esso sia, arriverà a conquistare il 40% e dunque il premio di maggioranza. Per cui l'unica strada che rimarrebbe aperta è quella delle coalizioni.

Fosse per Grillo invece bisognerebbe andare a votare subito. Il comico ha scritto al presidente Mattarella chiedendo lo scioglimento delle Camere. Tra i pentastellati c'è la convinzione di poter raggiungere il 40% da soli, ma anche loro devono affrontare bei grattacapi, a cominciare da Roma. Grillo ha espresso la sua vicinanza a Virginia Raggi, ma tutto il Movimento aspetta con qualche preoccupazione il 30 gennaio, giorno fissato per l'interrogatorio della sindaca.

In un momento delicato per il Paese, con l'Europa che preme sui conti pubblici, la crisi migratoria ancora aperta e la crescita che stenta, perdere altri mesi di campagna elettorale potrebbe essere dannoso. E' un po' il ragionamento che fa la Conferenza episcopale italiana che con inusuale severità bacchetta la politica che «non ha fatto il suo mestiere» poiché «non è normale un Paese dove sia la magistratura a dettare tempi e modi all'amministrazione». Il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino ammonisce: La data del voto non è importante ma le elezioni non devono essere un diversivo, uno strumento di rivincita. Occorre risolvere i problemi, non rinviare le soluzioni.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 27 Gennaio 2017, 09:16
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