Galan, libero il "doge" del Veneto: "Da me mai un atto da cui ho avuto qualcosa in cambio" -Guarda

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Accompagnato dalla moglie e dalla figlia, Giancarlo Galan, per 15 anni Doge del Veneto come presidente della Regione e per due volte ministro, si è presentato dai carabinieri a Bastia di Rovolon (Padova) per tornare libero dopo aver patteggiato la pena per il suo coinvolgimento nella vicenda Mose. Entrando nella piccola stazione dei carabinieri, abbracciando la figlia giovanissima per proteggerla da fotografi e tv,

Galan è stato laconico ma allo stesso tempo combattivo com'è nel suo Dna. «Non ho nulla da dichiarare - ha detto -. Anzi, una cosa sì e lo dico per i veneti. Voglio dire che in 15 anni di presidenza della Regione non c'è mai stato un provvedimento, una delibera, un qualsiasi atto amministrativo fatto in cambio di qualcosa». Galan ha scontato la pena patteggiata dopo il suo arresto, tra carcere e domiciliari, legato all'accusa di corruzione nella realizzazione delle opere di salvaguardia di Venezia per le quali era scattata, all'alba del 4 giugno 2014, la cosiddetta 'grande retatà. All'epoca i finanzieri su ordinanza del Gip veneziano Alberto Scaramuzza che aveva avallato le indagini dei Pm Stefano Ancillotto, Paola Tonini e Stefano Buccini, gli avevano notificato l'atto di arresto, con lui erano coinvolte, a vario titolo, altre 34 persone destinate al carcere o ai domiciliari. Galan era riuscito a sottrarsi all'immediata esecuzione dell'ordinanza perché parlamentare ma, mentre lottava proclamando la sua innocenza anche dalle stanze del parlamento dove era stato eletto, i suoi colleghi (395) davano il via all'arresto con la conseguente traduzione nel carcere milanese di Opera.

Galan ha resistito in cella per tre mesi e mezzo, professandosi sempre innocente e non nascondendo di aver pensato al suicidio ma di non essersi ucciso ricordando i propri cari, per poi «cedere» a, suo dire, e decidere per il patteggiamento assieme ai suoi legali di fiducia Antonio Franchini e Niccolò Ghedini.
Un patteggiamento maturato con una pena, accettata dal Gip Giuliana Galasso, di due anni e dieci mesi di reclusione, trascorsi poi ai domiciliari, e a una multa di 2,6 milioni di euro. Per 'saldarè i conti con la giustizia, Galan ha ceduto allo Stato la 'suà Villa Rodella sui colli euganei stimata ben oltre la cifra del patteggiamento ma rinunciando al surplus a favore del Paese. Galan era entrato nella vicenda Mose in base alle dichiarazioni di Giorgio Baita, ex Ad della Mantovani e della sua ex segretaria poi diventata imprenditrice, Claudia Minutillo responsabile di Adria Infrastrutture. Galan, secondo l'accusa, avrebbe ricevuto mazzette per milioni di euro (mai trovati) per favorire la costruzione delle barriere mobili del Mose. Denaro frutto di fondi neri che hanno visto coinvolto il Consorzio Venezia Nuova (Cvn) all'epoca presieduto da Giovanni Mazzacurati. Gli ultimi fuochi della vicenda sono ancora accesi. Se quasi tutti i coinvolti hanno patteggiato, restano da definire - il processo è in corso - le eventuali responsabilità di otto persone. Tra queste l'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (finanziamento illecito dei partiti), l'ex ministro Altero Matteoli, l'imprenditore romano Erasmo Cinque titolare della Socostramo e l'ex presidente del Magistrato alle acque Maria Giovanna Piva, tutti e tre imputati di corruzione.

Ultimo aggiornamento: Venerdì 6 Gennaio 2017, 17:38
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