Garlasco, oggi la sentenza per Alberto Stasi.
Il fidanzato rischia 30 anni di carcere -Foto

Garlasco, oggi la sentenza per Alberto Stasi: rischia 30 anni. La mamma di Chiara: "Non abbiamo dormito, vogliamo giustizia"
GARLASCO - Oggi, dopo cinque anni esatti dalla sentenza in primo grado, Alberto Stasi si alzerà in piedi per ascoltare il verdetto. dei giudici della corte d'Assise d'Appello di Milano: innocente o colpevole.

L'ex studente della Bocconi rischia una condanna a 30 anni di carcere, poco meno dei suoi 31 anni, gli ultimi sette dei quali passati a difendersi dall'accusa di aver ucciso «con crudeltà» la fidanzata Chiara Poggi. È lui che il 13 agosto 2007 trova il corpo senza vita nella villetta di via Pascoli aGarlasco (Pavia), ed è su di lui che puntano dritte le indagini. Già assolto in due gradi di giudizio con sentenze poi annullate dalla Cassazione, Alberto chiede «giustizia, ma non a tutti i costi, non sulla sua testa», a voler usare le parole dei suoi legali. «È arrivata per Chiara l'ora della giustizia, per me e per la mia famiglia», dice la mamma Rita Preda che insieme al marito Giuseppe e al figlio Marco non perdono una sola udienza del processo. Nel pomeriggio, per la prima volta nel processo d'appello 'bis' - con rito abbreviato e porte chiuse - l'aula sarà aperta alla stampa per assistere alla lettura del dispositivo. I tempi sono ancora incerti, ma il verdetto non arriverà prima. In mattinata spazio alle repliche del sostituto procuratore Laura Barbaini, parola alla parte civile con gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, quindi le conclusioni del pool difensivo guidato da Angelo e Fabio Giarda. Solo al termine della camera di consiglio il giudice Barbara Bellerio leggerà la decisione di togati e giudici popolari.







VALUTAZIONE Preciso il monito della Cassazione: occorre una valutazione «complessiva e unitaria degli elementi acquisiti»; chiaro il quadro di indizi per l'accusa: «gravi, precisi e concordanti»; un «processo lombrosiano e senza prove» per la difesa. Ai giudici della prima sezione decidere se i nuovi elementi raccolti nel supplemento d'indagine - nuove perizie e il sequestro della bici di Alberto disposte dalla corte e le altre indagini delle parti - basteranno per condannare l'imputato. La nuova 'camminata sperimentalè - estesa ai primi due gradini della scala calpestati da Alberto prima di trovare la vittima - porta ad escludere, quasi matematicamente, la possibilità per Alberto di attraversare il pavimento sporco di sangue della villetta senza sporcarsi le sue Lacoste. Secondo gli esperti è da escludere che il sangue secco, una volta pestato, si sia disperso, mentre il numero di quella impronta a pallini lasciata da chi ha colpito a morte è un numero 42, lo stesso di Alberto. Un esperimento effettuato sui tappetini della Golf nera - l'auto che Stasi usa per raggiungere la stazione dei carabinieri - certifica che qualche traccia di sangue doveva restare. Niente tracce di estranei nella villetta, nessuna ombra nella vita di Chiara, eppure in questo delitto mancano ancora l'arma e un movente certo. Le perizie per analizzare le unghie della vittima e il capello trovato nella mano di Chiara non danno esiti tali da avere valore di prova.



LE PROVE Le bici in possesso della famiglia Stasi restano, ancora, un punto da risolvere. Il Dna della vittima sulla bicicletta bordeaux di Alberto porta al suo fermo (è il 24 settembre 2007, poi la scarcerazione dopo quattro giorni da parte del gip), ma è su una bici nera vista da una vicina davanti a casa Poggi la mattina del delitto che si concentrano le indagini. Alberto invertì i pedali tra le due bici quando la stampa iniziò a scrivere che si cercava una bici nera, la tesi della parte civile; c'è una terza bici mai trovata per la pubblica accusa. Nel processo d'appello 'bis' spunta anche la testimonianza di due carabinieri che parlano di due piccoli graffi visti sull'avambraccio di Alberto il giorno del delitto, a cui la difesa replica con la diversa testimonianza di un soccorritore. Una foto mostra che sulla maglietta rosa del pigiama di Chiara ci sono quattro impronte di una mano dell'assassino ma quando viene spostato il corpo la maglietta viene intrisa di sangue e addio ditate. Quella immagine svela che l'assassino si è sporcato e si è lavato in bagno. Lo dimostrano le impronte insanguinate delle scarpe. Sul dispenser portasapone c'è una prova contro Stasi, a dire dell'accusa: il sangue della vittima misto al Dna di Stasi. Se chi ha ucciso ha lavato il dispenser quella traccia di Alberto non deve essere lì. Contro L'indagato, per il pg Barbaini, c'è anche una finestra temporale di 23 minuti - dalle 9.12 alle 9.35 - che consentirebbe all'allora studente di uccidere Chiara, tornare a casa e continuare a lavorare al computer per la sua tesi di laurea. Elementi che ad alcune omissioni, non fanno tentennare l'accusa su chi sia il colpevole. Tra poche ore si saprà se basteranno a condannare Alberto.



LA MAMMA DI CHIARA ​ Una «notte difficile, insonne, di attesa. Chiara c'è sempre stata vicina, aspettiamo la sentenza». Così Rita Preda attende il verdetto della corte d'Assise d'Appello di Milano che vede imputato Alberto Stasi, accusato dell'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. Mamma Rita, insieme a papà Giuseppe e al figlio Marco sono nell'aula dove è in corso l'ultima udienza del processo d'appello 'bis'. A pochi passi di distanza Alberto, il quale rischia una condanna a 30 anni di carcere. Il sostituto procuratore Laura Barbaini e la difesa hanno consegnato due memorie; ora in aula è la volta delle repliche della pubblica accusa, prima delle controrepliche e della camera di consiglio. La sentenza è attesa nel pomeriggio.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Dicembre 2014, 16:51
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