Queste disposizioni contro il fumo nelle redazioni e in tutti gli ambienti di lavoro della tv pubblica - rilevano gli 'ermellini' condividendo quanto appurato dalla Corte di Appello di Roma - rimanevano «praticamente inattuate» perché l'azienda televisiva aveva scelto la strada del «cosiddetto approccio persuasivo e non repressivo», sottolinea il verdetto 4211 depositato oggi dalla Sezione lavoro della Cassazione che lancia un 'monito' anche agli altri datori di lavoro che chiudono gli occhi davanti ai fumatori incalliti. Prova del 'permissivismo' di Viale Mazzini sul vizio del fumo, è la circostanza che la Rai, nemmeno nel materiale difensivo depositato in Cassazione, - affermano i supremi giudici - ha dato prova «dell'effettiva inflizione di qualche sanzione disciplinare» ai trasgressori del divieto di accendere sigarette, sottolinea la sentenza scritta dal consigliere Federico De Gregorio. In pratica, quella della Rai - rileva la decisione della Suprema Corte, collegio presieduto da Federico Roselli - è stata una «manchevole condotta» per la quale è stata riconosciuta la responsabilità di natura contrattuale dell'emittente pubblica, nei confronti della giornalista, «per non aver posto in essere misure idonee a prevenire la nocività dell'ambiente lavorativo derivante dal fumo».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 3 Marzo 2016, 19:26
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