Idonea ma la cattedra non c'è: Francesca da prof. diventa bidella

Idonea ma la cattedra non c'è: Francesca da prof. diventa bidella
«Fare la bidella nello stesso istituto dove ho insegnato e dove potrei insegnare anche oggi è frustrante. Ma devo farlo: 900 euro al mese non sono i 1.300 di un professore, ma ho una figlia di cinque anni e non posso permettermi di rimanere a casa».

Francesca Capecce, 34enne di Termoli (Campobasso), è una dei cosiddetti 'idonei-fantasma', ovvero quei docenti che hanno superato scritto e orale dell'ultimo concorso ma senza ancora una cattedra. Il caos generato negli ultimi mesi (il bando prevedeva una cattedra per i vincitori e per il 10% in più dei presenti nella gradutoria) ha fatto sì che molti docenti, abilitati all'insegnamento, siano rimasti fuori e al loro posto ci siano dei supplenti bocciati. Francesca racconta al Corriere della Sera di aver insegnato, da precaria, per dieci anni in vari istituti alberghieri: quasi sempre incarichi annuali, talvolta sostituzioni per maternità.

«Sono diplomata come tecnico del turismo ma per gli impegni lavorativi non sono mai riuscita a laurearmi. Con la riforma Gelmini le ore della mia materia sono state drasticamente ridotte ma ho cercato di resistere, fino al 2013, facendo supplenze qua e là nel tentativo di racimolare abbastanza ore. L'anno successivo tentai l'abilitazione con il Pas, ma non servì a nulla» - spiega la donna - «Poi sono stata chiamata dalla graduatoria di terza fascia dei collaboratori scolastici, dove paradossalmente sono una delle più titolate. Ed ora faccio la bidella, anche se in realtà sono un factotum: pulizie, accoglienza degli alunni, assistenza ai disabili. Ma anche assistente di laboratorio e centralinista... Ci scherzo su: servo la scuola in tutto e per tutto, anche se sono sempre incarichi temporanei».

Lo scorso anno un vero e proprio ritorno alle origini: Francesca fu chiamata a lavorare nello stesso alberghiero dove aveva studiato e dove era stata insegnante. «All'inizio non volevo accettare, mi sembrava troppo. Poi capii che ciò che conta è lavorare con dignità, anche se temevo il giudizio dei miei ex alunni» - racconta Francesca - «Sono stati loro, però, a darmi coraggio: mi dissero che per loro ero un esempio e continuavano a chiamarmi professoressa anche se facevo le pulizie».
Inutile nascondere, però, che non era questo ciò a cui aspirava la docente diventata collaboratrice scolastica. Il tutto, nonostante tanti sacrifici per costruirsi un futuro più solido: «Ho studiato, pagato tre viaggi in Campania per sostenere le prove invece di andarmene in vacanza, ho rinviato un intervento delicatissimo, ho anche accettato il rischio di lasciare la mia famiglia, visto che per la mia materia non c’erano cattedre in Molise, ma solo 4 in Abruzzo. Alla fine sono risultata idonea con 34 punti su 40. Quindi non ammessa al posto a tempo indeterminato. Una delusione. Nonostante ci siano ancora molti spezzoni di ore liberi in giro, a me non assegnano alcun posto. Anzi, peggio: speravo che i vincitori liberassero le cattedre andando ad occupare i loro ruoli legittimi in Abruzzo, e invece anche loro non sono stati sistemati, i loro posti non esistono più».

«Con la mobilità tante cattedre sono risultate fittizie, altre sono rimaste vuote e sono state occupate da precari bocciati al concorso, forse l'unico concorso pubblico che non conferisce alcun valore all'idoneità» - sottolinea amara l'insegnante - «Cerco di non avere rimpianti, il preside sa che può contare su di me per qualsiasi cosa. Mi dispiace però non poter più insegnare qualcosa ai ragazzi e coltivare in loro la passione per lo studio. Insegnare è mestiere del cuore, non del portafogli».
Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Gennaio 2017, 10:56
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