Fortuna, il patrigno si difende: "Io non c'entro". Dalla nonna di una bimba troppi 'non ricordo'

Fortuna, il patrigno si difende: "Io non c'entro". Dalla nonna di una bimba troppi 'non ricordo'
Ha ricevuto manifestazioni di solidarietà degli avvocati presenti in aula Alfonso Barbarano, presidente della quinta sezione della Corte d'Assise di Napoli che lo scorso 21 dicembre ha ricevuto un messaggio minatorio fatto recapitare a un suo familiare. Barbarano, che presiede la sezione davanti alla quale si svolge il processo per l'omicidio di Fortuna Loffredo, la bimba di 6 anni morta dopo essere caduta da un palazzo nel Parco Verde di Caivano (Napoli), ha ringraziato i presenti per le manifestazioni di solidarietà aggiungendo di non voler commentare in alcun modo l'accaduto, riportato dagli organi di stampa. Il giudice ha denunciato l'episodio ai Carabinieri e il caso è al vaglio della Procura di Roma, competente in quanto è parte offesa un magistrato del distretto di Napoli. 

IL PATRIGNO: FUI IL PRIMO A VEDERLA A TERRA «Sono stato il primo a vedere Fortuna a terra. Ero giù al palazzo e ho sentito un tonfo, poi ho visto il corpicino faccia a terra e l'ho riconosciuta dai capelli biondi. Era l'unica nel palazzo ad averli così». Il racconto è di Claudio Luongo, ex compagno della madre di «Chicca» dalla quale ha avuto un figlio, ricostruendo davanti alla quinta sezione della Corte d'Assise di Napoli quei momenti concitati.

All'epoca dei fatti Luongo era ai domiciliari e poteva uscire di casa solo 3 ore ogni mattina, dalle 9 alle 12: «Ero giù al palazzo a parlare con degli amici dell'Italia ai Mondiali di calcio di quell'anno - ha ricordato Claudio Luongo - poi sono andato a prendere il figlio mio e di Mimma (Domenica Guardato, madre di Fortuna) e l'ho portato a giocare alle giostrine. Dopo è arrivata Mimma con Chicca e con nostro figlio sono andati a prendere una pizza, poi sono tornati su a casa». 

Quando Fortuna è caduta, ha spiegato Luongo, «aiutavo le mie sorelle con la spesa. Ho sentito un tonfo secco, ma da dove stavo non potevo vedere. Poi tra i pilastri ho visto i capelli biondi di Chicca, il corpo era a faccia in giù, sono arrivato a 2 metri con la bicicletta e capito cosa era successo. Ho iniziato a gridare, chiedendo di chiamare un'ambulanza. Poi ho chiamato Mimma, urlando verso il suo balcone».

"PROVANO A COINVOLGERMI, MA SONO INNOCENTE" «Sono state dette su di me e sulla mia famiglia un sacco di cattiverie, hanno cercato di 'mettermi in mezzò. Sono innocente e non ho fatto niente», ha detto Claudio Luongo, patrigno di Fortuna Loffredo, la bimba morta il 24 giugno 2014 dopo essere caduta da un palazzo nel Parco Verde di Caivano (Napoli). Luongo, che in passato ha avuto una relazione con la mamma di Chicca (così era chiamata Fortuna), Domenica Guardato, relazione dalla quale è nato un figlio, è stato ascoltato oggi nel corso dell'udienza del processo che vede imputato Raimondo Caputo, per omicidio e violenze sessuali, e la compagna Marianna Fabozzi, accusata di aver coperto le violenze sessuali di Caputo nei confronti delle sue figlie e di Fortuna.

Mentre ricostruiva i concitati momenti immediatamente seguenti la caduta di Fortuna, Claudio Luongo, inquilino dell'ottavo piano di quel palazzo, ha respinto qualunque sospetto nei suoi confronti, consapevole del fatto che secondo la parte civile a difesa del padre della bimba, Pietro Loffredo, qualcuno della sua famiglia sarebbe coinvolto nell'omicidio. «Sono state dette un sacco di cattiverie - ha detto Luongo - anche io ho qualcosa da denunciare. Perché hanno detto che nascondevo qualcosa?». Interpellato sulla circostanza, emersa dalle intercettazioni, secondo cui la madre di Luongo, Rachele Di Domenico, avrebbe spiegato di essersi sbarazzata di una delle scarpette di Fortuna, Luongo ha assicurato di non ricordare di aver sentito queste parole dalla madre: «Mia madre mi ha raccontato che i Carabinieri, durante una perquisizione, cercavano una scarpetta. Ma non ricordo - ha spiegato - che mia madre mi abbia detto di aver buttato una scarpetta. Non abbiamo mai trovato nessuna scarpetta». 

"MIA NIPOTE? NON CI CREDO" «Mia nipote violentata? Non ci credo, non ci posso credere». A dirlo davanti alla quinta sezione penale della Corte d'Assise di Napoli è stata Angela Angelino, madre di Marianna Fabozzi, imputata con il compagno Raimondo Caputo nel processo sull'omicidio di Fortuna Loffredo, la bimba di 6 anni morta dopo essere caduta da un palazzo nel Parco Verde di Caivano (Napoli) il 24 giugno 2014. Interpellata dagli avvocati difensori e di parte civile su quanto avvenuto alle sue nipoti, in particolare alla più piccola delle tre, la cui testimonianza ha impresso una svolta decisiva nelle indagini sulla morte di Fortuna Loffredo, Angela Angelino ha risposto dicendo di non credere alle violenze sessuali, che secondo l'accusa sarebbero state commesse da Raimondo Caputo mentre Marianna Fabozzi avrebbe omesso di denunciare e di difendere le sue tre figlie, oggi in una casa famiglia. «Se è successo è la cosa che fa più schifo al mondo - ha detto - ma io non ci credo proprio che è stata violentata. Chi tocca i bambini è un vigliacco e dovrà risponderne davanti a Dio». 

TROPPI "NON SO" E "NON RICORDO" Un fiume di «non so» e «non ricordo», ripetuti ossessivamente a ogni passaggio delle intercettazioni lette dal pubblico ministero, e una sola certezza: «Ho sempre detto a mia nipote di dire la verità e tutto ciò che sapeva». Un atteggiamento, quello di Angela Angelino, nonna delle bimbe che con la loro testimonianza hanno impresso una svolta decisiva nelle indagini sulla morte di Fortuna Loffredo, che ha spinto il pm Claudia Maone a chiedere al giudice il verbale dell'udienza per procedere nei suoi confronti per falsa testimonianza.

La testimonianza di Angela Angelino, ascoltata nell'udienza di oggi davanti alla quinta sezione della Corte d'Assise di Napoli, rappresentava un momento chiave nel processo sulla morte di Fortuna, che vede imputati Raimondo Caputo e la figlia di Angelino, Marianna Fabozzi: nel corso delle indagini preliminari, in diverse occasioni, la donna è stata intercettata mentre «istruiva» una nipotina su cosa dovesse dire a carabinieri e magistrati in merito all'ultima ora di vita di Fortuna, amichetta del cuore della nipote. Di queste conversazioni Angela Angelino ha spiegato in aula di non ricordare nulla, se non di aver «sempre detto di riferire la verità di come sono andate le cose». Il pm ha letto in aula diversi passaggi delle intercettazioni, ma la donna ha ribadito ogni volta di non ricordare quella circostanza specifica, né poi di essersi mai accorta delle violenze subite dalle bambine. 

NESSUNO SALÌ ALL'OTTAVO PIANO Nessuno salì all'ottavo piano della palazzina la mattina del 24 giugno 2014 quando da quello stesso palazzo cadde Fortuna Loffredo, 6 anni, morta poco dopo il trasporto disperato in ospedale. A riferirlo in aula, davanti alla quinta sezione della Corte d'Assise di Napoli, è stata Rachele Di Domenico, madre di Claudio Luongo, quest'ultimo ex di Domenica Guardato, madre di Fortuna, dalla quale ha avuto un figlio. La donna, nota come quella che, secondo quanto riportato in un'intercettazione, avrebbe trovato una delle scarpette di Chicca (così era chiamata Fortuna) sbarazzandosene per evitare guai con le forze dell'ordine, è per questo sottoposta a un procedimento per falsa testimonianza e le domande a lei poste si sono dovute limitare alla ricostruzione dei concitati momenti della caduta e della morte di Fortuna.

Rachele Di Domenico, ascoltata subito dopo il figlio Claudio Luongo, ha spiegato che quella mattina era seduta «sul ballatoio perché faceva molto caldo e lì c'era un finestrone che faceva passare un pò d'aria». Dalle sue parti «non è passato nessuno - ha assicurato - né ho sentito rumori particolari provenire dalla tromba delle scale». Inoltre, la porta del terrazzo «era chiusa, come sempre. Avevamo noi le chiavi ed era chiusa con il lucchetto». La situazione di calma è stata spezzata solo dalle urla del figlio che dalla strada chiamava la sua ex, madre di Fortuna, per segnalarle che la bimba era caduta e giaceva a terra immobile.

«A quel punto sono scesa al settimo piano dove ho trovato Raimondo Caputo e Marianna Fabozzi», i due imputati nel processo, «che mi hanno detto che Chicca era caduta giù. A quel punto sono svenuta». Nel corso dell'udienza di oggi è stata ascoltata anche Emilia Luongo, figlia di Rachele Di Domenico e sorella di Claudio: anche lei ha confermato la ricostruzione di quella mattina fornita dal fratello e dalla madre, nucleo familiare che, secondo il padre di Fortuna, Pietro Loffredo, potrebbe aver avuto un ruolo nella morte della bimba. Di recente, madre e figlia si sono trasferite: «Mia madre non ce la faceva più - ha spiegato Emilia - lei è anziana e malata e quello è un ambiente degradato, era stanca di stare lì. Era un ambiente che non le piaceva più». 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Febbraio 2017, 20:34
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