Fortuna, nuovi interrogatori: tre sorelline chiamate a confermare le accuse contro il patrigno

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di Mary Liguori
Dovranno ripetere ciò che hanno già detto mesi fa, ripercorrere quell'incubo dal quale sono state strappate con il trasferimento in casa famiglia. Dovranno raccontare ciò che hanno già riferito a psicologi e pubblici ministeri, rivivere quelle fasi controverse della loro vita, delle quali hanno già parlato alle assistenti sociali. Le tre figlie di Marianna Fabozzi, compagna del presunto orco del Parco Verde, principali accusatrici di Raimondo Caputo, in carcere con il gravissimo sospetto di avere violentato e ucciso la piccola Fortuna Loffredo, verranno sottoposte all'incidente probatorio. Il mezzo di prova è stato richiesto ieri: l'interrogatorio verrà fissato a breve. Si tratta di un passaggio inevitabile, in quanto sulla scorta delle dichiarazioni delle bambine due persone, la loro madre e il compagno, appunto, sono finiti in carcere con accuse gravissime.

All'interrogatorio, che si terrà alla presenza degli psicologi oltre che del pm titolare del caso e di un sostituto della procura dei minori, assisterà anche l'avvocato che difende gli indagati (entrambi sono rappresentati dal penalista Salvatore Di Mezza). L'intera indagine sugli abusi sessuali sui bambini dell'Iacp di Caivano si basa sui racconti dell'amica del cuore di Fortuna. La piccola che oggi ha undici anni ha infatti ricostruito così gli ultimi minuti di vita di Fortuna, morta il 24 giugno del 2014: «Chicca quel giorno venne a casa per giocare con me, ma io stavo lavando per terra. Lei disse che le facevano male i piedi e che sarebbe andata a casa a cambiarsi le scarpe. Quindi se ne andò e con lei uscì anche Titò. Andarono sul terrazzo e lui cercò di violentarla, ma Chicca lo prese a calci e lui la prese in braccio e la gettò di sotto»: è questa, in sintesi, la testimonianza della bimba, a suffragio della quale la procura di Napoli Nord, diretta da Francesco Greco, ha raccolto una serie di intercettazioni telefoniche in cui sono registrati i tentativi della mamma e della nonna della bimba per fare in modo che la piccola non riferisse particolari scomodi ai carabinieri. «Troviamoci tutti con la stessa parola»: lo disse Angela Angelino, la nonna delle bimbe, poco prima che iniziasse l'interrogatorio in caserma, subito dopo l'omicidio di Fortuna. «Tu mi fai andare in galera», sono invece le parole di Marianna Fabozzi, sempre rivolte alla piccola, mentre le suggerisce di non dire che Fortuna era stata in casa loro prima della tragedia. Solo molti mesi dopo, quando le tre figliolette della Fabozzi hanno confidato gli abusi subiti, l'intero quadro è sembrato più chiaro e si è scoperchiato un mondo di orrori. Uno scenario di violenze sessuali che si sarebbero consumate nell'alloggio delle Iacp di Caivano, nello stesso edificio in cui viveva Fortuna Loffredo, ai danni sia della sua amichetta che delle sorelline, una delle quali oggi ha solo quattro anni.«Titò diceva che doveva prendere la borsa di mamma e mi faceva andare con lui in casa, poi mi violentava», una delle confidenze agli atti. E, sul ruolo della mamma: «Quando le dicevo che mi faceva male, lei mi rispondeva poi ti passa».

Di qui l'incriminazione per la Fabozzi, accusata di non aver fatto nulla per impedire al suo convivente di fare del male alle bambine. L'incidente probatorio sarà il banco di prova fondamentale per l'intera inchiesta. Titò Caputo si professa innocente e ha già inoltrato istanza di scarcerazione al Riesame. Respinge le accuse anche Marianna Fabozzi, la cui madre ha di recente ha dichiarato: «le bimbe sono state influenzate in casa famiglia, le facemmo visitare ed erano intatte». Il confronto tra le parti si preannuncia inevitabilmente aspro e il procedimento che sin da subito è apparso indiziario, deve fare i conti anche con una serie di figure terze, marginalmente coinvolte nella vicenda, che però potrebbero essere fondamentali qualora decidessero di cambiare atteggiamento rispetto alla vicenda. Per ora si sa che molti di loro hanno mentito: le intercettazioni sbugiardano le dichiarazioni che hanno reso ai carabinieri a più riprese. Le menzogne dei vicini di casa, prime tra tutte dell'ex suocera della madre di Fortuna, la donna che fece sparire il sandaletto della piccola dal terrazzo dal quale precipitò, devono trovare una collocazione logica. Perché hanno raccontato bugie? «In un'ottica di solidarietà anti-Stato», fu spiegato in conferenza stampa, hanno coperto la verità e alcuni addirittura hanno cercato di depistare le indagini. Ma potrebbero esserci altre ragioni. Il reticolo di parentele intrecciato dagli adulti coinvolti, relazioni che hanno portato alla nascita di figli, matrimoni finiti e convivenze interrotte e poi riannodate, formano un contesto che ha prodotto una spirale di risentimenti, di desideri di vendetta che nel tempo possono essere sfociati anche in condotte penalmente rilevanti.

La procura non sottovaluta il ruolo che un tale contesto può avere avuto nell'intera, torbida, vicenda. Vecchi rancori, ripicche, gelosie, dunque: accanto all'omertà, c'è tutto questo. E nello stesso quadro a tinte fosche si incastra la vicenda del piccolo Antonio Giglio, caduto dalla finestra un anno prima di Fortuna: la morte del bimbo, archiviata come incidente, è oggi inquadrata sotto una luce nuova. E infatti il fascicolo è in fase di studio presso la sezione della procura di Napoli che si occupa dei reati sessuali, guidata da Luigi Frunzio. 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 6 Maggio 2016, 13:27
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