Domenico Diele in carcere: "Vi prego, mandatemi a casa"
«Possibile che non se ne trovi uno? Non sono esperto di legge, ma forse il carcere era il luogo in cui dovevo essere portato. Il giudice però ha deciso che dovevo scontare la detenzione a casa. La notte non riesco a dormire, rivivo sempre l'incubo: quel buio lungo l'autostrada che mi ha impedito di vedere quella donna, ero distratto» - lo sfogo di Diele, che ha incontrato in carcere anche Fulvio Martusciello, eurodeputato Fi - «Vi prego, fatemi uscire. So già che pagherò tutto, ci sarà un processo e i miei errori pesano. Avevo assunto droghe giorni prima, quella sera ero semplicemente distratto su una strada buia».
Il braccialetto elettronico, dotato di microchip, è uno degli strumenti più innovativi per poter monitorare le persone più pericolose a cui sono stati imposti gli arresti domiciliari. C'è però una grave carenza di strumenti e un intoppo burocratico dovuto ad un vero e proprio errore legislativo: Andrea Orlando, ministro della Giustizia, ha spiegato che c'è un bando per l'acquisto di 12 mila nuovi dispositivi, ma la competenza è del Ministero dell'Interno. «Ne sono già stati utilizzati circa diecimila, non è vero che non ce ne sono», ha spiegato il Guardasigilli.
L'unico conforto per Domenico Diele, quindi, è al momento l'affetto della gamiglia che non lo ha mai abbandonato: il papà, la mamma e il fratello avvocato gli fanno spesso visita e gli portano dei libri. «Tutti storici, sull'antica Roma. Vorrei scontare i domiciliari accanto a mia nonna, a Siena, dove ho avuto un'infanzia felice» - racconta Domenico, riportato da Repubblica.it, non senza incupirsi - «Ho iniziato a drogarmi a Roma, quando venni per fare l'accademia dopo il liceo. Vorrei che i ragazzi non facciano come me, ma ora non posso proprio permettermi di dare consigli».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 3 Luglio 2017, 13:10
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