Cocoricò chiuso, Dj in rivolta:
"Il problema è lo spaccio, non la disco"

Cocoricò chiuso, Dj in rivolta: "Problema è lo spaccio, non la disco"
Un fulmine a ciel sereno. La notizia della chiusura del Cocoricò a seguito della morte del 16enne per ecstasy ha sollevato un vespaio di polemiche. Il governo ha deciso uno stop di 120 giorni, 4 mesi a partire da oggi, in base all'articolo 100 del Tulps.





Dj critici. Tra i più critici i disk jockey. "La chiusura del Cocoricò? Non risolve nulla". Ne è convinto Claudio Coccoluto, dj di fama internazionale, che un paio di serate all'anno le fa anche nel locale di Riccione dove lo scorso 19 luglio Lamberto Lucaccioni ha assunto la droga che l'ha ucciso. «Chiudere il Cocoricò, ma anche mettere i sigilli a tutti i locali d'Italia, non è un argine al problema vero che è quello della droga e dello spaccio. Non credo che uno spacciatore sia affezionato al Cocoricò e ora che è chiuso decida di mettersi in pensione: cercherà altri posti e li troverà. Si sta puntando l'indice contro il soggetto più semplice da colpevolizzare, e cioè una discoteca, ma lo spaccio - sottolinea Coccoluto - avviene nei posti più disparati. Io credo che le operazioni di contrasto alla vendita di stupefacenti debbano avvenire in un altro modo e in un'altra scala. I controlli vanno effettuati permanentemente, in tutti i posti, come ad esempio, le stazioni, dove si sa che alberga questo tipo di commercio".



Sulla stessa linea dj Ralf «Secondo me il problema non è dentro i locali. I problemi si dovrebbero risolvere a monte e credo che la chiusura del Cocoricò sia mettere la polvere sotto il tappeto». Lo dice a Rtv San Marino Antonio Ferrari, Dj Ralf, che lavora dal 1991 al Cocoricò. «Io credo - spiega il dj, che lavora anche all'estero - che la sicurezza all'interno della struttura è al massimo di quello che la legge consente. Ho sempre visto una grande attenzione da parte dei gestori della discoteca affinchè non avvengano certi meccanismi. L'abuso, a partire dall'alcol, fino alle droghe nelle discoteche, è un problema mondiale. Credo che dovremmo seguire l'esempio dell'Inghilterra o della Germania che fanno un lavoro di educazione tra i giovani, e non solo, su cosa siano le sostanze e cosa producano. È inutile scandalizzarsi e criminalizzare l'industria del divertimento».



Il Moige dice sì. «Il Moige esprime tutto il proprio apprezzamento per l'attività della Polizia di Stato che ha visto anche l'emanazione del provvedimento amministrativo del Questore di Rimini con il quale ha stabilito la sospensione per quattro mesi della attività della discoteca, dove pochi giorni fa aveva perso la vita un giovane di Città di Castello».
Lo dice il direttore Generale, Antonio Affinita. «Un grazie dal Movimento dei genitori alla Polizia di Stato - aggiunge - da sempre vicina ai valori delle famiglie e alla sicurezza dei nostri figli anche nei luoghi del divertimento».

Ultimo aggiornamento: Martedì 4 Agosto 2015, 09:24
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