«Antonio fu ucciso, morì al Parco Verde come Fortuna»: è caccia agli aguzzini dopo 4 anni

«Antonio fu ucciso, morì al Parco Verde come Fortuna»: è caccia agli aguzzini dopo 4 anni

di Mary Liguori
«Antonio Giglio è stato ammazzato». Quel pomeriggio d'aprile del 2013 il bimbo non cadde accidentalmente dalla finestra di casa, un alloggio popolare dell'Iacp di Caivano. Qualcuno lo spinse di sotto e, forse, prima di quel momento, qualcuno aveva abusato di lui.L'abisso spalancato dall'indagine sulla morte di Fortuna Loffredo sembra non avere un fondo. È stato nel corso delle indagini sull'omicidio della bimba che la procura di Napoli Nord ha trovato elementi che stridono con quanto emerso nell'immediatezza della tragedia. Fu archiviata come incidente, la morte di Antonio. La mamma raccontò che il piccolo era sfuggito al controllo degli adulti, era salito su uno sgabello e si era sporto per guardare un elicottero della polizia che in quel momento sorvolava Caivano. Omicidio colposo, si decretò all'epoca.

E sul corpo del piccolo non si ritenne di disporre neanche l'autopsia.Dopo la morte di Fortuna, però, e dopo i cinque casi di pedofilia emersi nel corso delle indagini sull'omicidio della bambina scaraventata dal tetto dello stesso edificio in cui viveva Antonio, c'è stata una testimonianza che ha rimesso tutto in discussione.Una donna ha raccontato che Marianna Fabozzi, in carcere con l'accusa di avere coperto il compagno, Raimondo Caputo, sia per i ripetuti abusi sulle sue figlie che per le violenze e l'omicidio di Fortuna, avrebbe spinto il bimbo, suo figlio, giù dalla finestra. Potrebbe essere questo l'elemento di partenza che ha portato all'iscrizione dell'ipotesi di omicidio volontario da parte della procura di Napoli. Indaga la sezione che si occupa dei reati sessuali, diretta dal procuratore aggiunto Luigi Frunzio. E agli atti ci sono anche altri elementi convergenti sulla pista dell'omicidio. Intanto i consulenti valutano l'utilità di un esame autoptico sui resti mortali del piccolo Antonio. La riesumazione verrà probabilmente ordinata, l'obiettivo è fugare i dubbi circa la reale causa del decesso. E i carabinieri di Casoria, diretti dal capitano Pierangelo Iannicca, sono tornati indietro a quel pomeriggio di aprile del 2013, quando Antonio Giglio arrivò esanime in ospedale. Gli adulti raccontarono che era caduto dalla finestra di casa, dal settimo piano. Morì al Santobono dopo una disperata corsa in macchina. Nel palazzo arrivò la polizia, ma nessuno aveva visto o sentito niente di strano. E coloro che erano in casa in quel momento, oltre alla Fabozzi, sua madre Angela Angelino, e la sorella di Raimondo Caputo, riferirono evidentemente una versione concorde e coerente con lo stato dei luoghi. Tanto bastò per chiudere il caso. Ma un anno dopo da quel palazzo è caduta anche Fortuna. 
Ultimo aggiornamento: Sabato 7 Maggio 2016, 08:49
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