Andrea, 23 anni, dona le cellule staminali
e salva la vita a una ragazza trentenne

Andrea, 23 anni, dona le cellule staminali e salva la vita a una ragazza trentenne

di Stefania Longhini
ASIAGO - Donare le cellule staminali per salvare una vita: un gesto di generosità dal grande significato e che lascia un segno indelebile prima di tutto nel cuore di chi lo compie, con la profonda e appagante soddisfazione di avere donato una parte di sé allo scopo di salvare una vita.



Andrea Rigoni, giovane asiaghese, alla soglia dei 23 anni (li compirà ad ottobre), può andare giustamente fiero del suo essere un donatore effettivo tra quelli iscritti all’Admor (Associazione Donatori Midollo Osseo e ricerca). A fine agosto ha infatti potuto fare la sua donazione a favore di una trentenne italiana, la cui identità rimane anonima, ricoverata in un centro trapianti, affetta da linfoma di Hodgkin, un tumore che colpisce il sistema linfatico. Quella di Andrea è stata precisamente una donazione di cellule staminali da sangue periferico.



“Mi sono iscritto all’Admor – racconta Andrea – quando ancora frequentavo la quinta superiore, oltre tre anni fa, dopo che a scuola avevamo incontrato una ragazza malata di leucemia e ascoltato la sua testimonianza. Insieme ad altri miei amici ho pensato che iscriversi non costava nulla. E’ bastato infatti un semplice prelievo di sangue per poter entrare nella Banca dati Italiana del Midollo Osseo. Nel marzo del 2014 sono stato chiamato da Vicenza per degli esami più approfonditi dal momento che ero risultato compatibile per una donazione”.



“Dopo più di un anno – continua Andrea – e cioè all’inizio di agosto sono stato nuovamente contattato per conoscere la mia disponibilità a procedere nell’iter per la donazione. Ho detto ovviamente sì, affrontando tutta la trafila prima delle visite e degli esami da effettuare, esami del sangue, raggi al torace, ecografia all’addome dopo i quali, verificata l’effettiva compatibilità, sono stato chiamato per la donazione per la quale ho anche dovuto fare delle punture per 5 giorni per aumentare il fattore di crescita dei leucociti”.



Poi è arrivato il gran giorno, il 26 agosto. Anzi, i grandi giorni visto che Andrea è dovuto ritornare anche il 27 agosto. Tutto si è svolto a Verona, con il sostegno di mamma Vanna e di papà Joe e anche di alcuni amici che lo hanno accompagnato e gli sono stati vicini. Tramite un separatore cellulare, gli è stato prelevato il sangue che dopo essere stato processato per l’isolamento della componente cellulare gli è stato reinfuso.



La procedura ha avuto una durata di 4 ore sia il primo che il secondo giorno, con la processione rispettivamente di 12 e 11.7 litri di sangue.



Finito tutto qua? No, perché dopo la donazione restano i controlli e gli esami da eseguire con regolarità: il primo due giorni dopo, un altro dopo una settimana, un’ecografia dopo un mese e altri esami a tre, sei mesi, ad un anno e poi nei dieci anni.



Insomma non proprio una passeggiatina, ma alla fine “niente di che – dice Andrea – pensavo peggio!”

Dopo questo immenso gesto che rende onore a questo giovane, ex fondista, dal fisico atletico e dal cuore grande, resta un profondo appagamento e la curiosità di sapere chi ne è stato il destinatario.

“Se tutto va per il meglio – dice Andrea – mi piacerebbe poter conoscere questa donna”.

“Esperienze come queste – conclude – ti lasciano una grande gioia e aiutano a rendersi conto che i veri problemi non sono quelli per cui ci lamentiamo ogni giorno”.
Ultimo aggiornamento: Martedì 29 Settembre 2015, 09:55