Marò, nuova beffa per i soldati italiani:
giudice malato, rinviata la causa dei due fucilieri

Marò, nuova beffa per i soldati italiani: giudice malato, rinviata la causa dei fucilieri

di Marco Ventura
ROMA - Nessun comunicato ufficiale. Il governo sceglie il basso profilo alla notizia del rinvio al 14 ottobre dell’ennesima udienza sui Mar prigionieri da oltre due anni in India presso la nostra Ambasciata.





Basso profilo ribadito dalla parola d’ordine che filtra da Palazzo Chigi e dalla Farnesina: «Un fatto tecnico». Un rinvio, l’ultimo di una serie, inscritto in una telenovela giudiziaria nella quale Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, fucilieri di Marina, sono invischiati senza che le famiglie o il governo Renzi, buon ultimo dopo Monti e Letta, riescano a intravedere una via d’uscita neppure dopo la vittoria elettorale di Narendra Modi e la formazione di un nuovo esecutivo a Delhi.



IL RICORSO

Un tribunale speciale indiano sentenzierà sull’uccisione di due pescatori scambiati per pirati il 14 febbraio 2012 dal nucleo di marò in servizio anti-pirateria sul mercantile italiano “Enrica Lexie”, protetti dall’immunità di funzione. Non dovrebbero trovarsi in India, ma in Italia, eventualmente giudicati da una corte italiana. Invece sono sballottati fra un tribunale e l’altro del sub-continente. Il giudice Bharat Parashar ieri era indisposto, perciò è saltata l’udienza per discutere il ricorso della difesa italiana contro l’impiego della National Investigation Agency. Sostiene l’Italia che la Nia opera in base alla legge anti-terrorismo e anti-pirateria, che non vale per i Marò. Latorre e Girone non erano in aula: da qualche settimana Roma ha adottato anche plasticamente la linea del rifiuto della giurisdizione indiana. La Corte sta aspettando le controdeduzioni della Nia e del governo indiano. Nei palazzi romani, chi a vario titolo ha la responsabilità del dossier, sforza di fornire una lettura positiva.



LE OPZIONI

Ovvia quella negativa: ecco l’ennesimo rinvio-presa in giro, mentre non ci sono risposte alle ripetute note verbali da parte italiana nelle quali si gettano le basi per un arbitrato internazionale dai tempi comunque lunghi. Non così immediata la lettura positiva: il rinvio dà tempo al dialogo, alla speranza che una volta insediatosi, il governo indiano voglia “conciliare” e considerare la richiesta italiana di far tornare in Italia i marò in attesa del processo. Le due opzioni sono l’internazionalizzazione o il dialogo. Se la seconda fallisce, non resta che la prima. Che di per sé non risolve il problema, se Delhi non collabora. L’auspicio di tutti, da Palazzo Chigi alla Farnesina e alle stesse famiglie (criticate ieri da Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia come troppo “concilianti” verso il governo), è che la vicenda passi sotto silenzio perché il silenzio aiuterebbe il compromesso. Nel frattempo, reagiscono il presidente della Commissione Difesa della Camera, Elio Vito («grande preoccupazione» a nome di tutti i commissari), Fratelli d’Italia («Basta con la politica degli eunuchi del governo! Renzi vada domani in India o si dimetta», twitta Giorgia Meloni), l’azzurro Maurizio Gasparri («Per Renzi è più importante portare la Mogherini in Europa che i marò in Italia»).



LE REAZIONI

Ma anche la Lega Nord («Oltre a istituire un gruppo di lavoro per fare luce sui soldati italiani fucilati nella Grande Guerra, il ministro Pinotti ne istituisca uno per evitare ai nostri marò di fare la stessa fine in India») e il Movimento 5 Stelle, che vorrebbe «liberare» la Pinotti dall’incombenza della presenza in aula sulle riforme mentre l’India rinvia i marò. Sul Palazzo delle Aquile, Municipio di Palermo, da oggi campeggeranno le gigantografie di Latorre e Girone con scritto “Liberi”. E l’ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ora nell’ufficio di presidenza di Fratelli d’Italia, incalza il governo a dire «le vere ragioni del ritorno in India di Latorre e Girone» dopo che l’Italia aveva dichiarato che non sarebbero tornati. Terzi contesta che il governo «si trinceri dietro esigenze di silenzio e si affidi a un avvocato inglese», avendo annunciato di volere «l’arbitraggio internazionale». Arbitraggio che al momento è un binario morto.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 1 Agosto 2014, 13:50