Macron eletto presidente: "Inizia nuova era di speranza per la Francia" -Guarda

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È cominciata «la nuova era di speranza»: Emmanuel Macron, il presidente più giovane della storia di Francia, ferma l'onda populista di Trump e della Brexit e riporta la costruzione europea al centro delle priorità. Con un movimento che ha creato da solo, ha camminato indisturbato sulle macerie del vecchio bipolarismo francese, mandando in soffitta il Partito socialista e i neogollisti. Alla fine ha travolto anche un Front National che stasera Marine Le Pen ha definitivamente seppellito.

Non c'è stata nessuna sorpresa, 60% a 40% hanno martellato per 15 giorni i sondaggisti, 65,5% a 35,5% il risultato finale secondo le proiezioni, comunque il più alto mai ottenuto dal Front National.

«Si apre una nuova pagina - sono state le prime parole di Macron - voglio che sia quella della speranza e della ritrovata fiducia». Questo la prima espressione del trentanovenne neopresidente, che ha parlato - come promesso - prima di tutti con Marine Le Pen per rendere omaggio all'avversaria battuta che riconosceva la sconfitta, poi con il presidente Francois Hollande, il suo mentore che l'ha voluto all'Eliseo poi al governo, appoggiandolo poi senza esitazioni nonostante avesse lasciato l'incarico sbattendo la porta.






Nel quartier generale del XV arrondissement, al sesto piano accessibile soltanto a Brigitte e alla cerchia più stretta del suo staff, Macron è rimasto a scrivere il discorso solenne che avrebbe pronunciato senza pubblico, da solo davanti alle telecamere, come un presidente già in carica. Lo ha fatto un'ora più tardi, con lo sguardo fisso e gli occhi lucidi dalla tensione, la voce bassa e concentrata, le parole scandite con lentezza: «Mi rivolgo a tutti voi, qualunque sia stata la vostra scelta. Non nego le difficoltà economiche, sociali, l'abbattimento morale. In questo momento voglio rivolgere il mio saluto repubblicano al mio avversario, la signora Le Pen». Poi la promessa di «proteggere» e «tenere unita» la Francia, e quella altrettanto solenne di «difendere il destino comune dell'Europa». 







Le imponenti misure di sicurezza, con il quartiere blindato per evitare il minimo rischio in quello che le autorità hanno definito «un periodo di rischio terroristico mai così alto», si sono poi lentamente messe in agitazione per l'uscita di Emmanuel Macron con un convoglio di diverse auto blindate, dirette al Louvre. È lì, in un luogo simbolico imbevuto di storia e tradizione oltre che di un misticismo che Macron sembra non voler abbandonare neppure nei comizi, che il neo presidente si è diretto per il saluto alla folla da ore in attesa per festeggiare. È la celebrazione che soltanto qualche mese fa nessuno avrebbe neppure lontanamente immaginato in una Francia in cui da sempre chi vuole aspirare all'Eliseo deve avere «un partito alle spalle».

Macron non ce l'aveva, l'ha costruito in pochi mesi e se lo è - al contrario - caricato sulle proprie spalle. Ha visto, mese dopo mese, settimana dopo settimana, cadere ai suoi piedi gli antichi alleati e amici di della gauche di governo, a cominciare dal presidente Hollande - il primo capo dello stato della Quinta repubblica a non ricandidarsi - fino all'amico-rivale Manuel Valls. L'ex premier sognava di sfidarlo con il partito alle spalle ma non ha trovato nemmeno il partito, che nella finale delle primarie gli ha preferito un Benoit Hamon che poi sarebbe sprofondato in poche settimane a poco più del 6% delle preferenze. Intanto, cominciava il harakiri di Francois Fillon, a lungo dato come favorito nella corsa all'Eliseo, bombardato, colpito e affondato dalle rivelazioni sul suo incredibile ginepraio di favoritismi familiari. Si è per un attimo ravvivata la gauche radicale di Jean-Luc Melenchon, poi finita quarta al primo turno e sfumata in questi giorni in un «né Macron né Le Pen» che lascia il segno soltanto sul record di astensioni e schede bianche e nulle: assieme hanno una percentuale più alta di quella ottenuta da Marine Le Pen.

In finale, ha avuto ragione di un'avversaria coriacea come Marine Le Pen, esattamente l'opposto di lui, caratterialmente e politicamente.
Il risultato del Front National è il più alto della storia ma ne decreta anche la fine, annunciata stasera dalla stessa Le Pen, che lavora «a un nuovo movimento». Jean-Marie, il padre che la ritiene «ingrata», già avverte che non lascerà sparire così il nome del FN. Da domani, comincia «la nuova era», un lavoro di ricostruzione titanico per il presidente Macron, a cominciare dalla battaglia per le politiche dell'11 e 18 giugno in cui dovrà tentare di strappare il maggior numero di seggi a ciò che resta dei partiti tradizionali, per poter governare e varare il suo ambizioso programma di riforme per la Francia e l'Europa.

Ultimo aggiornamento: Domenica 7 Maggio 2017, 22:48
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