Scambio di accuse tra Mosca e Kiev
Gli ucraini puntano il dito sui filorussi

Scambio di accuse tra Mosca e Kiev Gli ucraini puntano il dito sui filorussi
Di certo c' solo che stato abbattuto. Per il resto, gi rovente lo scambio di accuse e di sospetti sull'asse Mosca-Kiev: ciascuno pronto a giurare che sia stato qualcun altro a centrare l'aereo passeggeri della Malaysia Airlines a 10.000 metri di quota, sui cieli dell'Ucraina orientale, provocando oggi la morte di quasi 300 persone.

Dapprima velate, poi esplicite, le recriminazioni incrociate sono partite subito. Le autorità ucraine hanno inizialmente lasciato intendere che la responsabilità potesse essere addebitata in modo diretto alle forze missilistiche russe. Poi hanno chiamato in causa i ribelli filorussi che da mesi combattono contro le truppe di Kiev nelle regioni dell'est, denunciando l'episodio come «un atto terrorismo». Questi ultimi hanno risposto a tono, ma anche loro hanno corretto la propria versione con il passare delle ore. Imputando l'accaduto in un primo momento ad un missile sparato dalle forze governative ucraine da terra, salvo ipotizzare successivamente una ricostruzione secondo la quale il Boeing-777 della Malaysia Airlines potrebbe essere

incappato in uno scenario da battaglia dei cieli: colpito per errore da un caccia di Kiev, poi a sua volta abbattuto dalla contraerea degli insorti.

Il presidente ucraino Petro Poroshenko è stato fra i primi a far sentire la sua voce.



Con un comunicato diffuso a caldo ha negato che le forze armate ucraine potessero aver «eseguito tiri in grado di colpire un bersaglio in volo». Con un'ulteriore dichiarazione ha quindi tirato apertamente in ballo le milizie filorusse, evocando «un atto terroristico». Una fonte russa citata dall'Interfax ha tuttavia replicato che, a quell'altezza, l'aereo malese poteva essere abbattuto solo da missili S-300 o Buk: sistemi sofisticati in dotazione - almeno sulla carta - a forze regolari come quelle di Kiev.



Ma il portavoce del Consiglio nazionale ucraino di Difesa Andrei Lisenko ha insistito nelle accuse agli insorti, sostenendo che questi avrebbero colpito per errore l'aereo passeggeri mentre prendevano di mira un Iliushin-76 da trasporto dell'aeronautica militare di Kiev. E aggiungendo che i separatisti avrebbero ormai acquisito sistemi missilistici avanzati, fra cui sarebbero stati «avvistati» proprio batterie Buk. A sostegno di questa tesi, Lisenko ha attribuito ai ribelli l'abbattimento recente di alcuni cargo militari di Kiev e di almeno un caccia Sukhoi (finora imputati da Kiev alle forze di Mosca). Un elemento, questo, sottolineato a stretto giro anche dall'amministrazione

Usa.



I filorussi, da parte loro, negano ogni responsabilità smentendo il possesso di missili Buk e sostenendo di non essere in possesso di armi capaci di colpire a quota 10.000. «Abbiamo sistemi in grado di raggiungere al massimo un'altezza di 5 km», ha dichiarato il primo vicepremier dell'autoproclamata repubblica di Donetsk, Andrei Purghin. L'abbattimento del Boeing malese «è stata una provocazione dei militari ucraini», gli ha fatto eco il 'premier' Aleksandr Borodai, avallando l'idea che il Boeing potesse essere stato scambiato dalle batterie di Kiev per un aereo da ricognizione russa sconfinato in Ucraina.



Un alto ufficiale del ministero della Difesa di Mosca ha dal canto suo liquidato tutte le ricostruzioni delle autorità ucraine come «assurde». «Ci accusano quasi tutti i giorni di qualcosa promettendo di presentare prove inconfutabili, prove che poi evaporano senza lasciare traccia», ha tagliato corto alla Ria-Novosti il funzionario russo. Pronto semmai a tirare in ballo il presunto dilettantismo della nuova leadership militare di Kiev: «Leggendone le biografie, non ci vuole un guru per capire che questa gente non ha addestramento militare, nè esperienza pratica nell'impiego delle truppe da combattimento o dei sistemi d'arma posti sotto il loro comando».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 17 Luglio 2014, 22:31