Se accetti "tutti i cookie", compresi quelli di profilazione, oltre a sostenere la nostra offerta gratuita, riceverai annunci pubblicitari in linea con i tuoi interessi.
Se invece accetti solo i cookie "strettamente necessari" riceverai pubblicità generalista di cui non sarà possibile limitare il numero e la ripetizione.
"In Cina operaie schiavizzate". Il marchio di Ivanka Trump nella bufera
182 share
Un dollaro all'ora per una settimana di 60 ore: queste le condizioni di lavoro delle operaie cinesi di una fabbrica che produce capi di abbigliamento per conto della G-III Apparel, il gruppo a cui fanno capo il brand di Ivanka Trump e altri marchi della moda (per così dire) 'made in Usa' come Guess, Calvin Klein e Tommy Hilfiger.
Gli ispettori della Fair Labor Association, un gruppo di monitoraggio dell'industria dell'abbigliamento creato all'indomani degli scandali degli anni Novanta sulle fabbriche degli schiavi in Asia e tra i cui membri figura un imputato di allora come la Nike, hanno scoperto una ventina di violazioni alle norme dell'Oil (l'organizzazione dell'Onu sul lavoro), tra cui orari esorbitanti alla macchina da cucire, ampio turnover e paghe al di sotto dei minimi per molte zone della Cina.
Le rivelazioni, oggi sul Washington Post, gettano ombra sulle campagne di Ivanka, ora che il padre Donald è presidente, per il 'make in America, buy American' e per l'empowerment delle donne sul luogo di lavoro. Il quotidiano ammette che non è chiaro se merci con l'etichetta First Daughter fossero effettivamente prodotte nella fabbrica ispezionata, ma la Cina è la fonte primaria per gli abiti griffati Ivanka: da ottobre, l'epoca del passaggio degli ispettori di Fair Labor, G-III Apparel ne ha importato negli Usa ben 110 tonnellate.
Profilo Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout