Bruxelles, l'italiana Alessia: "Dovevo prendere
la metro, mi ha salvato mio figlio di due anni"

Bruxelles, l'italiana Alessia: "Dovevo prendere la metro, mi ha salvato mio figlio di due anni"

di Silvia Natella
BRUXELLES - Il giorno dopo questo 22 marzo entrato prepotentemente nella storia e nella memoria come tante altre tristi date (alcune troppo vicine le une alle altre), nel cuore dell’Europa regna un’atmosfera spettrale.
Alessia, giovane italiana, lavora alla Commissione europea e vive a Bruxelles da tanti anni. Ieri mattina avrebbe dovuto recarsi a lavoro come tutti i giorni e prendere la metro nell’ora di punta, la stessa in cui si sono verificate le esplosioni. Grazie al suo piccolo Matteo, quasi due anni, ha cambiato programma.

“Io prendo tutti i giorni la metro che è esplosa, ma ieri, proprio ieri, avevamo deciso di inscrivere nostro figlio a scuola”, racconta Alessia, dipendente al segretariato della Direzione Generale che si occupa dei paesi del Maghreb e Mashrek tipo la Siria, Palestina, Israele, Giordania, Libano ed Egitto. 

Cos’è successo quando hai saputo dell’attacco terroristico?
“Quando una persona ci ha detto che oltre all'esplosione avvenuta all'aeroporto ce n’era stata anche una a Maelbeek alcuni miei colleghi erano già in ufficio e altri stavano arrivando. Per ore non si sono avute notizie, ma poi, piano piano, ci siamo rassicurati a vicenda. Visto ciò che era accaduto nella metro non sono andata a lavoro e sono rimasta con un'amica a casa sua!”

Alessia spiega che la cosa più difficile è stata a quel punto andare a prendere il bimbo a scuola. Neanche i genitori potevano accedere all’istituto, mentre l’ansia e il bilancio delle vittime crescevano di ora in ora. “Il nido di mio figlio aveva chiuso le porte e non abbiamo potuto prenderlo prima delle 17, non si può immaginare il sollievo che abbiamo provato quando lo abbiamo riabbracciato”.

Bruxelles è nel mirino dell’Isis da diverso tempo ed è proprio al suo interno che risiede la minaccia più grande. I sentimenti che prova Alessia li affida al suo profilo Facebook condividendoli con amici e parenti: “Dopo la tristezza e la paura di ieri, oggi provo tanta rabbia nei confronti di questi individui. Non trovo parole per descrivere quello che hanno fatto e non capisco come si possano uccidere decine di persone senza riflettere, senza pensare che in aeroporto o nella metro ci sarebbe potuta essere la loro madre, la loro sorella. Mi chiedo in quale mondo vivranno i nostri figli. Ho paura per Matteo, ho paura per quella che sarà la sua vita. Farei tutto ciò che è in mio potere per garantire a mio figlio un futuro migliore e sicuro”. 

Un pensiero ai giorni che verranno è inevitabile, così come ci si chiede a cosa si dovrà rinunciare in nome della sicurezza. “Qui - spiega Alessia - si respira un'aria veramente strana, la gente non sorride e siamo parecchio giù. Nel quartiere europeo circola tantissima polizia e le strade sono piene di giornalisti, all'entrata del mio palazzo ci controllano dalla testa ai piedi ed é una sensazione molto strana. Fra di noi ci diciamo che la vita deve continuare, ma quando penso che se avessimo scelto un altro giorno per inscrivere nostro figlio a scuola avrei preso quella metro dove sono morte tutte quelle persone non ho parole. Dopo un'esperienza simile mi dico che la mia ora non é ancora arrivata e vedo la vita diversamente”.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 24 Marzo 2016, 10:29
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