Dal bilancio Ue ai migranti, ecco cosa cambia in caso di uscita

Dal bilancio Ue ai migranti, ecco cosa cambia in caso di uscita
Un'eventuale uscita della Gran Bretagna dall'Ue avrebbe una serie di conseguenze pratiche non irrilevanti, sia per l'Unione che per il Regno Unito, su cui a Bruxelles si inizia a ragionare, in attesa dei risultati del referendum. A fare il punto è Uuriintuya Batsaikhan, ricercatrice del think tank Bruegel. La Brexit, spiega, avrebbe ripercussioni sul bilancio dell'Ue, di cui il Regno Unito è il quarto contributore netto, anche se gode di una riduzione speciale, nota come 'rebatè (sconto).

La riduzione, applicata dal 1985, venne negoziata con successo da Margaret Thatcher nel Consiglio europeo di Fontainebleu (1984), poiché buona parte del bilancio della Cee finanziava la Pac, la politica agricola comune, e il Regno Unito, avendo un settore agricolo di dimensioni limitate, beneficiava delle politiche redistributive in misura minore rispetto ad altri Stati membri. Nel 2014 la Gran Bretagna ha contribuito con 13 mld di sterline a un bilancio Ue di 118,9 mld di pound, ricevendo in cambio 4 mld di sterline, per lo più sussidi destinati al settore agricolo. Pertanto, spiega Batsaikhan, «se il Regno Unito lascerà l'Ue, ci saranno conseguenze per il bilancio Ue, sia in termini di dimensione che di distribuzione. Ma l'impatto complessivo dipenderebbe dagli accordi che verrebbero raggiunti tra l'Ue e il Regno Unito».

Per la Bce non ci sarebbero particolari problemi: mentre le banche centrali dei Paesi dell'Eurozona hanno contribuito al capitale dell'Eurotower per 7,6 mld di euro, quelle dei Paesi non-euro hanno versato 120 mln, dei quali 55 mln vengono dal Regno Unito. Le nove banche centrali non-euro non partecipano alla distribuzione degli utili, né sono chiamate a ripianare le eventuali perdite della Bce. Devono tuttavia contribuire ai costi operativi, pagando almeno il 3,75% del capitale sottoscritto. «Questo significa - spiega la ricercatrice di Bruegel - che il contributo britannico alla Bce è ridotto e che un'eventuale separazione sarebbe facile». Un punto importante sono le conseguenze per le leggi britanniche. La legislazione proveniente dall'Ue si è stratificata nel sistema d'Oltremanica nel corso del quarantennio di appartenenza del Regno all'Europa unita: secondo stime di Londra, circa il 50% della legislazione britannica con impatto economico significativo proviene da leggi Ue.

Nel caso in cui decidesse di uscire, il Regno Unito «potrebbe avere bisogno di riesaminare l'intero corpus delle leggi britanniche, solo per determinare che grado di influenza ha avuto la legislazione Ue sulle leggi britanniche. Ci sono 6.987 regolamenti europei direttamente applicabili, alcuni dei quali dovrebbero essere rimpiazzati da leggi britanniche equivalenti», ricorda Batsaikhan. Per quanto riguarda i rapporti commerciali, se la Gran Bretagna dovesse uscire «avrà bisogno di rinegoziare con l'Ue e con 124 altri Paesi per ridefinire il proprio status commerciale». In media gli accordi commerciali a livello regionale richiedono 28 mesi di negoziazioni (media del periodo 1988-2009). «L'esperienza dell'Ue è piuttosto varia. L'Unione è attualmente nel pieno di importanti negoziati commerciali con gli Usa, iniziati nel 2013. Ha iniziato negoziati con il Canada nel 2009, con il Giappone nel 2012 e con l'India nel 2007, che non sono stati ancora conclusi. Chiudere un negoziato commerciale richiede tempo», nota.

Per i migranti, 5,2 mln di persone nate nel Regno Unito vivono all'estero (la Gran Bretagna ha 64 mln di abitanti), dei quali 1,3 mln in altri Paesi Ue. D'altro canto, 8,3 mln di persone nate all'estero vivono nel Regno Unito, delle quali 3 mln provengono da altri Stati Ue. Alla fine del 2015, l'immigrazione dagli altri Paesi Ue verso la Gran Bretagna ha raggiunto lo stesso livello dell'immigrazione dal resto del mondo. Trecentomila cittadini britannici vivono in Spagna, 250mila in Irlanda e 180mila in Francia. Se il Regno Unito voterà per la Brexit, ricorda la ricercatrice, i cittadini britannici perderanno lo status di cittadini Ue, garantito dai trattati. «Tuttavia - spiega - a differenza dello status, i diritti derivanti dalla cittadinanza Ue sono più difficili da determinare, come per esempio il diritto di residenza e le condizioni di accesso ai servizi pubblici nel Paese di residenza.

I diritti che i migranti Ue hanno nel Regno Unito e, parimenti, i diritti dei migranti britannici che vivono nell'Ue dipenderanno dalla natura dei negoziati per la separazione e dell'accordo finale».
Infine, per quanto riguarda l'attivazione della procedura prevista dall'articolo 50 del Trattato sull'Unione Europea, che regola le modalità di separazione, «il governo britannico dovrà proporre l'attivazione dell'articolo e tenere un voto in Parlamento. Una volta approvata l'attivazione, allora il Regno Unito potrà formalmente notificare all'Ue la propria intenzione di ritirarsi», conclude Batsaikhan.

Ultimo aggiornamento: Venerdì 24 Giugno 2016, 07:30
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