Marchionne appoggia Renzi e lo invita
a cambiare: «L'Italia può ripartire come Fiat»

Marchionne appoggia Renzi: «Però deve cambiare, basta gelati e cavolate»
RIMINI - Riponiamo massima fiducia nel governo, anche se fino ad ora chi ha guidato il Paese si scontrato con un muro di gomma. Risultati concreti se ne sono visti molto pochi, compromessi tanti. Il presidente Renzi ha di fronte un ruolo arduo e ingrato. Appare coraggioso e determinato a fare le riforme e io l'ho incoraggiato a proseguire l'intento riformatore senza curarsi degli attacchi». Così Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat-Chrysler dà il suo sostegno al governo e sprona il premier Renzi intervenendo al meeting Cl di Rimini.



A chi gli chiede se pensi che Renzi possa farcela, Marchionne risponde: «La gente che si impegna nel fare le cose di qualunque colore è la benvenuta. Appoggio anche lui come ho appoggiato Letta e Monti. Se la sua agenda è di riforme e spingere il Paese avanti sono il primo ad appoggiarlo. Ma non sopporto più di vedere gente con il gelato, barchette e cavolate. Da italiano non lo voglio più sentire. Voglio essere orgoglioso di essere italiano, di dire che siamo veramente bravi come gli altri perché lo siamo. Abbiamo 80mila persone che non hanno paura di impegnarsi con la sfida globale. Non ho capito perché non possa farlo il Paese. Non possiamo aspettare più, il sistema ha bisogno di azione e bisogna muoversi. Ho preso la Fiat come esempio: non possiamo più aspettare che vengano modificate le regole, che la gente ci segua, che troviamo accordi, che troviamo soluzioni per tutte le poltrone disponibili. A me non interessa un cavolo, le speranze del futuro dell'Italia sono in mano alla gente che fa».



Marchionne spiega meglio ai presenti la sua visione: «Dovete diventare voi stessi i promotori di quel cambiamento che volete vedere nella società. L'idea di poter cambiare le cose rimarrà un'utopia fino a quando ciascuno di noi non deciderà di fare la propria parte: decidere di fare qualcosa in modo diverso rispetto a quello che abbiamo fatto ogni giorno, nel lavoro come nella vita. Non dovete aspettare che sia qualcuno a dirvelo, che vi arrivi una direttiva sulla scrivania. Siate voi i primi che dovete pensare ad un nuovo modello, non lasciate che sia qualcuno a definire la vostra strada, fatela da soli, costruite un percorso, seguitelo e disegnatelo da capo, ogni volta che volete. Iniziate oggi, iniziate subito.



L'amministratore delegato chiede di «accettate la sfida dell'ignoto e rischiare. Potrete sbagliare, potrete cadere ma avrete acquisito la forza e il coraggio di rialzarvi e di cambiare di nuovo. Avrete esperienza per ricominciare da capo. Soprattutto avrete rotto l'incantesimo dell'inerzia». L'Italia oggi si trova in una «recessione prolungata» e nelle condizioni che «non sono più in grado di garantire un paese competitivo». Secondo Marchionne sono almeno 10 anni che «abbiamo bisogno di riforme e trasformazioni strutturali» per riportare il paese a un «livello competitivo». Ma l'Italia, per ora, «non sembra capace di reagire».



L’ad del Lingotto rassicura poi sulla sorte degli stabilimenti italiani del Gruppo: «Lo abbiamo detto e lo ribadiamo ancora oggi che non intendiamo chiudere nessuno stabilimento in Italia accollandoci tutti i costi di una realtà operativa in perdita. Ci siamo impegnati a rivedere in modo radicale la strategia del gruppo puntando sull'alto di gamma per cui l'Italia può essere la base per la diffusione di veicoli in tutto il mondo. Quando abbiamo deciso di intrecciare il nostro destino con Chrysler, un'azienda in bancarotta, ci siamo giocati tutto: credibilità reputazione e io personalmente anche la carriera. Abbiamo rischiato di evidenziare in modo chiaro la fragilità della Fiat, senza nemmeno la sicurezza di una poltrona su cui atterrare se il progetto fosse fallito. E anche in Italia, se avessimo aspettato le condizioni di un sistema competitivo, non avremmo fatto assolutamente nulla. E invece abbiamo deciso di assumerci la nostra parte di rischio e responsabilità, abbiamo fatto delle scelte coraggiose di rottura con il passato, compresa quella di uscire da Confindustria per stabilire un rapporto negoziale diretto, siamo andati avanti, incuranti delle accuse e degli sgambetti, e da quasi 5 anni che stiamo progettando la rete industriale in Italia».




Ultimo aggiornamento: Lunedì 1 Settembre 2014, 17:22
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