Ripartono i consumi, ma il lavoro è sempre
più precario. Giovani, situazione drammatica

Ripartono i consumi, ma il lavoro è sempre più precario. Giovani, situazione drammatica

di Mario Fabbroni
Più cene fuori, ma si risparmia ancora sul cibo acquistato quotidianamente. Meno giovani con lo stipendio, mentre il lavoro diventa ancora più precario.

L’Istat fotografa un’Italia 2015 dalle troppe sfaccettature, che comunque sembra in timida ripresa. Al punto che una buona parte del Belpaese ora trascorre più serate al ristorante e in albergo, organizza grigliate e siede in poltrocina a cinema e teatro. Conseguenza di una leggera ripresa dei consumi, con una spesa media che risale a 2.499 euro e 37 centesimi al mese: dieci euro in più rispetto all’anno prima, lo 0,4%. Per la prima volta dal 2011 si arresta ad esempio il calo dei consumi di carne e tornano in espansione le uscite per hotel e ristoranti (+11%). Aumentano più della media anche le spese alimentari in generale e quelle per beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura. Ma c’è una maggioranza che non cambia il trend del risparmio ad ogni costo: una famiglia su due cerca di fare economie sul cibo, altrettante rinunciano del tutto a viaggi e vacanze mentre c’è un 20% di italiani che è costretto a curarsi poco e male per problemi di budget.

Le disuguaglianze nel Paese, del resto, sono profonde: 1.300 euro separano i consumi dell’ultima regione per spesa, la Calabria, da quelli della prima, la Lombardia, e un divario analogo divide le famiglie operaie da quelle degli imprenditori. Le famiglie di stranieri spendono mille euro al mese in meno di quelle di soli italiani. Mentre quelle di laureati hanno consumi due volte superiori rispetto ai nuclei dove il capofamiglia ha la licenza elementare oppure non ha titolo di studio. Secondo l’Ocse, l’occupazione tornerà a livelli pre-crisi nel 2017: solo che in Italia i giovani dovranno attendere ancora. Oltre la metà degli under 25 italiani che lavorano è precario, percentuale aumentata tra il 2104 e il 2015 dal 56% al 57,1%.

In crescita anche la percentuale di giovani che sono rimasti nello stesso posto di lavoro per meno di un anno, dal 37,9% del 2014 al 43% del 2015. E fanno paura i Neet italiani, ovvero i giovani non occupati né in fase di formazione professionale: oggi più di un giovane su 4 tra i 15 e i 29 anni è un Neet, un terzo lo è da più di un anno. Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, commenta: «Peggio di noi fanno solo Spagna e Grecia. E anche per i salari siamo nelle parti basse delle classifiche europee. Il Jobs Act non avrà fatto aumentare i licenziamenti, ma neanche l’occupazione».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 8 Luglio 2016, 08:28
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