Titò e Marianna, amore diabolico
prima complici e adesso nemici

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di Mary Liguori
È il 28 aprile del 2013 quando le pareti del Parco Verde si squarciano per la prima volta e lasciano filtrare una luce diversa da quella dei lampeggianti della polizia che qui arriva dopo ogni omicidio o per la solita retata di pusher. Antonio Giglio ha quasi quattro anni: cade dalla finestra della cameretta. In quale circostanza lo si apprende da sua madre: «È precipitato mentre guardava un elicottero». Se quel giorno, effettivamente, un velivolo solcasse il cielo sopra Caivano resterà per sempre un mistero. La polizia credette a sua madre, in quel momento una donna disperata: aveva perso l'unico figlio maschio. Sola consolazione le due figliolette, due anni dopo arriverà una terza bimba. Quella donna era Marianna Fabozzi. Quelle bambine, anche quella nata dopo l'unione con Titò Caputo, le furono tolte due anni dopo.

«Ambiente familiare inadatto», scrissero i servizi sociali. «Hanno subito abusi». In casa famiglia, è il 2015, le piccole raccontano una storia di orrori e di stupri. E dicono che Titò, il compagno della mamma, ha violentato per mesi anche Fortuna Loffredo, la loro amichetta, e poi l'ha «presa in braccio e l'ha buttata giù dal palazzo». Ventiquattro giugno 2014: Fortuna muore dopo un volo dall'ottavo piano, cade dal tetto del palazzo dove abitava con la mamma, qualche pianerottolo più giù ci sono le sue amichette, le ultime a vederla viva. Sono le figlie di Marianna Fabozzi. La donna viene convocata in caserma.

Ma quella madre sciatta, disattenta, «poco consapevole del proprio ruolo genitoriale», queste le motivazioni delle psicologhe che hanno determinato il trasferimento delle bimbe in casa famiglia, è già sotto intercettazione. I dialoghi spiati ricostruiscono i suoi tentativi maldestri di indurre la maggiore delle sue figlie a mentire ai carabinieri. «Vedi quello che dici, tu ci fai andare in galera»: voleva zittire la bambina, ma quei risvolti osceni, taciuti dalla piccola in un primo momento, saranno agli atti di quello che, di lì a un anno, sarebbe diventato il testo dell'ordinanza di custodia cautelare per il «suo» Titò. Omicidio e violenza sessuale. Marianna? Sapeva tutto e taceva. «La mamma mi dice di stare zitta quando Titò mi fa quelle cose, dice che poi il dolore mi passa».

«Le accuse per l'omicidio di Fortuna vengono formulate mentre Marianna è ai domiciliari per aver coperto le violenze sulle sue figlie. Vive in un basso di via Santa Barbara, a Caivano. Con lei la madre. Altro personaggio indecifrabile. Entrambe le donne difendono Caputo a spada tratta. Non un dubbio. «Le bambine mentono, gli assistenti sociali hanno messo loro le parole in bocca». Dalla parte di Titò, contro le bambine. Ma può una madre tacere le violenze sulle sue figlie? E poi perché? Che ci sia un patto tra Titò e Marianna, un «accordo» scellerato che tutela entrambi? Antonio, il piccolo Antonio, morto in circostanze mai chiarite. Che Titò minacciasse la compagna di dire a tutti che il bambino lo aveva ucciso lei? Il silenzio sugli abusi sulle bambine, sull'omicidio di Fortuna, potrebbe essere la «contropartita» con la quale Caputo tiene in pugno Marianna.

E poi c'è stato l'elemento di rottura, inaspettato. A Secondigliano, la famiglia di Caputo, a Titò non crede. Diverse donne sostengono di averlo picchiato dopo aver saputo che aveva fatto «quelle cose» alle bambine. Tra loro sua sorella, Antonella, che a un certo punto vuota il sacco e accusa. «Marianna ha spinto Antonio giù dalla finestra, ero in casa sua quel giorno e ho visto tutto»: una chiave di lettura alla quale in un primo momento gli inquirenti non credono, una ricostruzione che un perito della procura smonta dopo un sopralluogo in quella casa maledetta. Marianna è indagata per la morte del figlio. Sul caso, a tre anni di distanza, ha aperto un fascicolo anche la sezione reati sessuali della procura di Napoli.

Le indagini vanno avanti, ma Marianna con le sue spiegazioni controverse, pozzi di misteri che forse nessun processo potrà mai svelare veramente, le ha impantanate nelle sabbie mobili delle sue verità.
Il processo, quello per la morte di Fortuna, si preannuncia contorto. Sul banco sono attesi quei testimoni che la procura ha già sbugiardato. Gli autori dei depistaggi, delle prove fatte sparire e delle cimici distrutte. E quelli che, sotto la luce insistente delle telecamere, hanno inventato altre storie, sommandole agli orrori già venuti fuori, o forse non le hanno inventate e sono accadute per davvero. Rachele, ex suocera della mamma di Fortuna, che nascose la scarpa della bambina dopo che l'omicidio. C'è il fratello della Fabozzi, Pasquale, che oggi gli avvocati di Caputo chiamano in causa ma che il giorno della morte di Fortuna era al lavoro, in un salone di barbiere a poca distanza dal Parco Verde.

Ci sono, ancora, la madre della Fabozzi, Angela Angelino, e l'altro suo fratello, Domenico, che dormiva in casa quando Antonio cadde dalla finestra e che invece, il giorno dell'omicidio di Fortuna era in carcere. Ruotano tutti intorno alla figura di Marianna, depositaria di due verità ancora da scoprire.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 22 Settembre 2016, 15:34