Vomero, raid punitivo contro i ricchi: «Solo scuse, sono delinquenti»

Vomero, raid punitivo contro i ricchi: «Solo scuse, sono delinquenti»

di Davide Cerbone
Da accusato ad accusatore. Così il sedicenne che a pochi giorni dal Natale ha aggredito, coltello in pugno, due coetanei replica allo Stato che gli chiede conto di quel gesto tanto violento quanto vigliacco. Gli inquirenti gli mettono sotto il naso i fotogrammi che lo inchiodano e lui a sua volta punta il dito contro una società che non ha saputo garantirgli equità. «Veniamo da zone povere della città, ce la siamo presa con quelli più fortunati», si è difeso, concretizzando - almeno sul piano etico - un ribaltamento dell'onere della prova.
 

I coltelli e le pistole, insomma, per sistemare quello che la nascita ha guastato. E la prevaricazione per riprendersi ciò che il destino ha negato, in una vendetta cieca contro ragazzi generati dallo stesso grembo. Quello di una città che continua a partorire figli e figliastri. «Motivazioni che si inscrivono in un solco antropologico di assoluta tradizione», commenta lo scrittore Diego De Silva, che 17 anni fa pubblicò Certi bambini, storia incentrata sulla vita di Rosario, undicenne che si divide tra una vita da delinquente e il volontariato. «Quand'ero piccolo la delinquenza minorile era agguerrita e il codice era proprio di carattere sociale - ricorda De Silva -. Ancora oggi c'è questa rivendicazione di classe. Certo, c'è da vedere quanto la spiegazione del sedicenne sia vera e quanto sia studiata: i ragazzi di oggi sono intelligenti, astuti e molto informati. In ogni caso, ha fatto l'avvocato di se stesso e lo ha fatto bene. Al netto di questo - continua De Silva -, sentir parlare ancora oggi di cose arcaiche come quella dell'abbassare lo sguardo è di una tristezza esasperante».
 
Claudio Mattone padre degli Scugnizzi che hanno portato a teatro migliaia di spettatori soprattutto napoletani non fa sconti: «Questa scusa buttata lì è così pietosa che non meriterebbe commento. Sono delinquenti e basta, che discorsi sono? Chi è più bello o più ricco merita di essere punito, accoltellato?» domanda indignato l'autore del musical che da anni vanta innumerevoli tentativi di imitazione. «Nel mio spettacolo i ragazzi trovavano il coraggio di ribellarsi, andavano verso la speranza. Quando facemmo un mese di recite per le scuole, portando a teatro oltre 25mila studenti, dalla città alla periferia, mi colpì il fatto che alla fine facevano tutti un tifo micidiale per il prete. E quando entrava in scena il camorrista, invece, piovevano fischi. Il messaggio era arrivato. Adesso sono turbato dalla mancanza di modelli positivi, anche in televisione. L'eroe, quello figo, al quale vorresti assomigliare, almeno una volta ogni tanto dovrebbe essere quello buono. Invece i vincenti sono sempre negativi. Ecco, se la scusa del ragazzo non la voglio neanche commentare, voglio dire che tutti noi operatori dell'informazione, della comunicazione e dello spettacolo abbiamo una responsabilità in questo senso».

Enrica Amaturo, che dirige il Dipartimento di Sociologia della Federico II, riconosce: «Sicuramente c'è un problema di aumento delle disuguaglianze sociali, acuite dalla crisi economica. Questo ha esasperato le situazioni di povertà, basta vedere gli ultimi dati. E la nostra è una città che tradizionalmente non conosce confini tra i quartieri. Questo implica una continua commistione tra i ceti. Tuttavia - rileva la sociologa, che è stata anche assessore comunale al Personale - non bisogna mai dimenticare che la democrazia si fonda sulla responsabilità individuale». Armida Filippelli, che ai ragazzi difficili ha dedicato una buona fetta di vita, spiega: «Questi ragazzini sono svegli, ne sanno tante per difendersi. Ma la rabbia del disagio c'è. Ci sono bambini invisibili che anche di sera vivono per strada. Sono abbandonati, crescono in mezzo alla violenza. Le loro famiglie hanno ritmi molto confusi. Quando ero preside alla Scura, una scuola dei Quartieri spagnoli, lottavo contro la puntualità. Poi venni a sapere che di notte si faceva di tutto, dalle riffe allo spaccio. E allora capii che bisognava preoccuparsi di capire come vivevano quei ragazzi, che spesso hanno genitori molto giovani e in mancanza di una sponda adulta alle spalle vivono nell'illusione di essere già grandi. Poi non ce la fanno e finiscono per essere vittime di piccoli boss. In quei casi la rabbia aumenta». Le colpe, a sentire la docente, sono chiare: «L'aumento delle baby gang, non solo a Napoli, è dovuto al fatto che c'è una grande distrazione nei confronti dell'infanzia. C'è molta solitudine, la famiglia non funziona e la scuola non ha strumenti a sufficienza. Noi per il progetto Chance aprimmo un reclutamento volontario: per un certo tipo di interventi, i docenti devono essere formati ad hoc. Devono essere pronti ad affrontare il disagio, le parolacce, l'aggressività. Dobbiamo dare un sostegno alla genitorialità e nei quartieri a rischio si deve istituire un'anagrafe scolastica per combattere la dispersione». Il regista Francesco Patierno nel 2003 portò sul grande schermo il romanzo Pater familias di Massimo Cacciapuoti. «Nel libro c'è proprio una scena in cui dei ragazzi vanno in uno chalet di via Petrarca e fanno di tutto per iniziare una rissa con dei coetanei della Napoli bene. Alla fine, però, la realtà supera sempre la fantasia», spiega Patierno, che nel suo film d'esordio raccontò questa realtà di giovani criminali con una violenza livida che farebbe impallidire la Gomorra tv. «Ho voluto scavare nella rete sociale di una famiglia che protegge il figlio nell'assenza dello Stato. Ne è venuto fuori un film durissimo», riconosce oggi Patierno. E aggiunge: «Penso che quella del ragazzino arrestato sia una risposta sincera, del resto questo livore per i più ricchi c'è sempre stato. Penso ad un bellissimo film francese che si chiama L'odio e racconta la rabbia degli immigrati. Sono dinamiche che vengono fuori in qualsiasi ambiente disagiato. Ma attenzione a giustificare: ci sono un sacco di persone che vivono in quei contesti e non hanno questi sentimenti. Se si giustifica, si finisce per ritenere accettabile qualsiasi cosa».
 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 11 Gennaio 2018, 14:04
© RIPRODUZIONE RISERVATA