Morto Cosimo Di Lauro, a Scampia vedette della camorra e giovani pronti al riscatto

Morto Cosimo Di Lauro, a Scampia tra vedette del clan e giovani per il r iscatto

di Valentino Di Giacomo

Non c'è un graffito, non un manifesto funebre che ne annunci la morte come avvenuto per altri famigerati boss come Raffaele Cutolo. Nel quartiere dove Cosimo Di Lauro ha prima ereditato e poi costruito la propria fama di capoclan nessuno vuole parlare di lui. Qui, in quello che originariamente doveva essere il Rione dei Fiori, poi ribattezzato dai suoi stessi residenti Il Terzo Mondo, anche i muri possono solo ricordare in silenzio l'epoca delle faide e delle stese, della paura e dei maxi-blitz quotidiani delle forze dell'ordine. Le strade del rione, quasi per contrappasso, sono qui dedicate a grandi opere della musica e della letteratura. In via Barbiere di Siviglia la sensazione, con il sole che divide le ombre in due, è quella di ritrovarsi in una scena di un film di Sergio Leone: nessuno in strada e tanti occhi che spiano da dietro alle finestre. All'esterno di un basso un bimbo che fino a prima della nostra vista stava giocando con un triciclo viene invitato dal papà a rientrare perché «ci sta la polizia». E a nulla vale spiegare che siamo giornalisti, anzi.

Si respira invece un'altra aria in via Cupa dell'Arco, lì dove ebbe origine il feudo dei Di Lauro con Ciruzzo o milionario. Proprio di fronte agli antichi covi dei sodali del boss di piazza Zanardelli, c'è la biblioteca dedicata alla giovane vittima di camorra, Gelsomina Verde. All'interno tanti ragazzi che di Cosimo Di Lauro conoscono troppo poco, se non dai racconti dei loro genitori. «Sono di Scampia e - racconta il 26enne Angelo - vengo quasi tutti i giorni qui per studiare. Mi sono laureato in Giurisprudenza e ora sto preparando l'esame di stato per l'abilitazione». Di fronte a lui c'è Marco che invece è studente di ingegneria e che sta preparando un esame per la sessione estiva. «Neppure sapevo che questo fosse considerato il feudo dei Di Lauro - racconta la responsabile della biblioteca - ma è bello che qui ora vengano tanti giovani». Proprio di fronte ai ragazzi, dalla finestra si vede la piazza dove si sono consumati oltre 30 omicidi ai tempi delle faide e i palazzi vecchi covi, ma loro hanno la testa sui libri. Tra i vicoli della vecchia Secondigliano basta una piccola biblioteca, un presidio di cultura e legalità, per dare un segnale di riscatto a tutto il resto.

Ben diverso scenario in un bar coloniali del Terzo Mondo, proprio di fronte a un'associazione dedicata alla Madonna dell'Arco con tanto di decoratissima vetrina con la statua della Vergine.

C'è poca voglia di parlare. Il titolare dell'esercizio commerciale annuncia sin da subito che «qui ci facciamo i fatti nostri, poi sono passati ormai molti anni da quando stava Paolo Di Lauro». Una signora allora interviene per spiegare che «però quando c'era lui giravano molti soldi». A poco vale ricordare che anche a causa di quei soldi ogni giorno c'era sangue sull'asfalto e la militarizzazione del quartiere. «Chi andava a fare la spesa oppure - chiarisce allora la signora - chi faceva le pulizie o anche solo buttava l'immondizia veniva ben pagato, economicamente stavamo tutti meglio. È vero che erano soldi illeciti, ma erano soldi, lo Stato pure di questo dovrebbe preoccuparsi». I clan attuali - viene spiegato poco più avanti, in via Misteri di Parigi - dopo i blitz delle forze dell'ordine sono più deboli e quindi meno ricchi. La grandeur dei Di Lauro - capace di guadagnare mezzo milione di euro ogni giorno con il traffico di droga - è così solo un ricordo, ma nessuno ha pensato di rendergli omaggio dopo la sua morte, forse per non alimentare nuove faide. Poco più avanti la statua di un Gesù con le mani mozzate, qui sembra non arrivare neppure una mano divina.

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Ad ogni spostamento tra il Terzo Mondo e Scampia arrivano le vedette dei clan. Girano in motorino, tutti senza casco. Ci fermano e ci chiedono cosa stiamo facendo. «Basta che non riprendete le facce della gente - spiegano - fotografate solo i posti». La scena si ripete quasi ad ogni strada, sono ben addestrati a come reagire alle visite dei giornalisti, quando vanno via fanno anche un sorriso salutando con inaspettata e finta gentilezza. In piazza Maurizio Estate, quella dedicata al 23enne ucciso da innocente per il suo coraggio nel 1993, c'è un uomo in pantaloncini e canottiera gialla che ci guarda. «Nessuno qua pensa a Cosimo Di Lauro - ci dice chiedendoci di andar via - ora però fateci lavorare». 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Giugno 2022, 16:11
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