La mamma di Fortuna dopo la sentenza: «Sono io che sconto un ergastolo, nel rione una rete di mostri»

Il dolore della mamma di Fortuna: «Sono io che sconto un ergastolo»

di Marco Di Caterino
«Sono io che sconto un ergastolo. E senza aver commesso nessun reato. Ma la morte così brutale di mia figlia, una bimba di sei anni, per una mamma è una pena pesante come una montagna. Che ti uccide dentro. Ogni giorno. Lentamente. Quello che ha avuto quello là, condannato a vita, è una passeggiata. La mia condanna è una via Crucis che non finirà mai». Nel deserto e tetro corridoio del livello 15 del Tribunale di Napoli, dove sono ubicate le aule di Corte di Assise, Mimma Guardato, la mamma di Fortuna Loffredo, la piccola «Chicca» è appoggiata al muro, da sola, in un angolo. Piange in silenzio. Dignitosa. Nessun grido, nessuna invettiva contro chi le ha portato per sempre via la figlia più amata. Solo silenzio, disperazione, e un sommesso piangere, diluito dal fumo dell'ennesima sigaretta.
 

Ha avuto giustizia ?
«Giustizia è una parola che ora mi innervosisce. Sa di beffa. Quello che per me sarebbe stato giusto non lo avrò mai più: la mia bambina. Non potrò vederla crescere, diventare grande, ricevere gli abbracci, essere sua complice con lo sono mamma e figlia, essere custode gelosa dei suoi segreti. Quanto vale tutto questo? E non parlo per un mio egoismo. Una mamma, nel senso naturale e normale della vita deve morire prima dei suoi figli. Magari vecchia e senza paura della morte, se è consapevole di aver fatto un buon lavoro da mamma. E invece ho dovuto subire il dolore più grande che si possa immaginare. Una vita così piccola e innocente, martoriata, violata, strappata brutalmente a chi la considerava la principessa della casa. Me lo dica lei, ora: ho avuto giustizia? Per me quella parola ha perso il suo significato».

La procura di Napoli Nord, però, ha dato un nome e un volto all'assassino, anche di fronte ai pesanti depistaggi e al muro di omertà del Parco Verde.
«Sì, questo è vero. Con quello che resta del mio vecchio cuore, perché quello nuovo è di pietra, ringrazio i magistrati Claudia Maone, così brava, tenace e soprattutto sensibile, e Domenico Airoma, uomo di poche parole e molto serio. Ma il mio pensiero va al pm Federico Bisceglia, che per primo ha condotto le indagini. Lui è morto in un incidente stradale. E io quel giorno ho provato lo stesso dolore della scomparsa di mia figlia e ho maledetto il Parco Verde, che fa male a chi ci abita e a chi lo tocca. Quel giudice, mi ha trattato come una che non viene da questo posto. Per la prima volta in vita mia mi sono sentita una persona vera. Quando mi assale l'angoscia, mi rifugio in un bellissimo pensiero. Mia figlia e lui sono ora in un posto speciale e lui me la guarda, ci sta attento».

In paradiso...
«No, no. Non credo più a nulla. Né in Dio e nemmeno in un futuro migliore. Quando me lo dicono, penso che siano sciocchezze e non alleviano il dolore. Ècome l'alcol. Quando lo bevi stai bene, ma quando passo l'effetto stai peggio più di prima. La cosa che più mi devasta è non provare amore, un sentimento importante, che è alla base della vita. Mi sforzo di darlo ai due figli che mi sono rimasti, che sono diventati silenziosi e assenti. Un altro duro colpo a sopportare. E spesso cado nell'odio. Odio il parco Verde, odio tutti quelli che sono venuti al processo e hanno coperto quello e quella. Odio tutti quelli che sono venuti a vedere il mio dolore, e a consolarmi, davanti ai fotografi e alla tv. Tutti spariti con le loro promesse. Il sindaco di Caivano sono tre anni che mi dice che tra un po' è pronta la sepoltura di Chicca, che ora sta in un loculo molto alto con altri sei defunti. La devo guardare dal basso e le lacrime non escono».

Lei ha sempre sostenuto una verità diversa da quella che oggi viene fissata dalla sentenza. È ancora di questa idea?
«Sì, sono convinta che la vera colpevole sia Marianna Fabozzi. Sono convinta al cento per cento che abbia ucciso non solo mia figlia, ma anche quel povero bambino, Antonio Giglio, l'ultimo dei sui figli. Èlei che ha manovrato il sui convivente: tutti gli uomini che subiscono la forte personalità della loro donna si piegano e fanno di tutto. Arrivano anche a uccidere un'anima innocente. Poi quando si trovano di fronte al fatto compiuto è troppo tardi per tirarsi indietro. Allora nessuno ti crede più, soprattutto in un'aula di tribunale. Insieme hanno ucciso Chicca, ma solo uno ha pagato il giusto. Una cosa è certa e in qualche modo mi solleva: finalmente si sono accese le luci sulla rete dei pedofili del parco Verde. Gente che ora è in galera per aver abusato anche dei figli, e altri che mi auguro presto lo seguiranno, come quelli della stanza dei bambini. Ora non lo potranno fare mai più. A patto che tutto questo non venga dimenticato. Ma cui sarò io a ricordarlo. Lo devo a Chicca e a chissà quanti altri bambini che nel silenzio e nell'orrore, non sono più tali».
 
 

Ultimo aggiornamento: Sabato 8 Luglio 2017, 10:00
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