Il kinotheatr Zhovten è una sala storica di Kiev, forse il cinema più antico, con le sue boiserie di legno, le poltroncine di velluto rosso, l'ingresso vagamente art déco sulla Kostiantynivska. Tre settimane fa è stato tra i primi cinema della capitale ucraina a riaprire, un atto di resistenza contro l'angoscia della guerra, e anche contro le sirene dell'allarme antiaereo: quando cominciano a urlare, il proiezionista sa che deve fermare il film. Gli spettatori si alzano in ordine, e vanno nel rifugio più vicino. Quando l'allerta finisce, si torna in sala, a finire di vedere il film, perché sono le storie che devono vincere sulla storia.
LA PROGRAMMAZIONE
Quando hanno riacceso lo schermo a inizio luglio, la direttrice Iulia Antipova, 46 anni, non ha scelto un blockbuster hollywoodiano, ma un lungometraggio tosto, la versione lunga de Le ombre degli avi dimenticati di Serghej Paradjanov. Un mattone, anche se considerato un capolavoro della cinematografia: dodici capitoli come altrettante tavole che raccontano la passione di Ivan, contadino dei Carpazi. Biglietti esauriti in prevendita, la sala da quattrocento posti gremita, e per tre sere consecutive. Ed è così da allora: gli abitanti di Kiev combattono anche dentro ai cinema. «Abbiamo riaperto per rilanciare la vita economica, certo, ma soprattutto per il benessere psicologico dei nostri concittadini» ha spiegato all'agenzia France Presse Iulia Antipova. Nella sala buia gli ucraini cercano altre storie, diverse da quella che la realtà ha scritto per loro dall'inizio dell'invasione russa. I gestori dei cinema non hanno nemmeno avuto bisogno di fare passaparola, la scelta del cartellone è andata quasi sempre nella stessa direzione: i film della tradizione ucraina, pellicole degli anni '60 e '70, racconti spesso fantastici, a volte di orrore. D'altra parte, cosa può far paura sullo schermo quando fuori cadono le bombe ?
«DECOMPRESSIONE»
«Gli psicologi dice ancora Antipova dicono che questa forma di decompressione mentale che offre il cinema, la possibilità di rifugiarsi in un'altra realtà, sono importantissimi».
IL CARTELLONE
Anche qui in cartellone nessun kolossal, nessun action movie d'oltreoceano, ma solo classici ucraini. Il pubblico non cerca divertissement, vuole ritrovarsi e vuole farlo attorno a quello che è stato attaccato: il proprio paese, la propria lingua, le proprie storie. Luglio è di solito un mese difficile per le sale, con i distributori in pausa, e invece quest'anno al Kino42 hanno registrato sempre il tutto esaurito: «Siamo perfino riusciti a inviare dei soldi all'esercito ucraino, dicono, e questo ci riconforta: non solo proponiamo spettacoli agli ucraini, ma riusciamo anche a fare qualcosa di importante per i soldati al fronte». I giovani del cinema-rifugio hanno deciso di lavorare con il Centro Dovzhenko, la più importante cineteca ucraina, per proporre retrospettive. La settimana scorsa non è rimasto nemmeno un posto vuoto per i cortometraggi della rassegna Strano, bizzarro e fantastico: «Si tratta di film spesso girati con grandi difficoltà, contro il potere, e che oggi ci permettono di avere una sguardo diverso sulla realtà che viviamo. Sono storie che ci dicono quanto sia incredibile l'immaginario dell'Ucraina» spiega Stanislav Bytyutskyi, critico cinematografico al Dovshenko.
MAIDAN
E' una storia che si ripete nel paese: a ogni cataclisma sociale o politico, gli ucraini sono chiamati a ridefinire la loro identità. «E' successo anche durante la rivoluzione di Maidan continua Bytyutskyi, riferendosi alla rivolta del 2014 che ha portato alla caduta dell'ex presidente Ianukovitch Oggi, di nuovo, abbiamo bisogno di ripensare la nostra identità attraverso l'arte».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 21 Luglio 2022, 15:39
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