Spagna, per Sanchez il nodo alleanze: ipotesi governo senza catalani

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di Elena Marisol Brandolini
Con le urne che stanno confermando gli ultimi sondaggi proposti dalle televisioni spagnole, secondo cui vince il Psoe diventando primo partito, crolla il Pp e l'estrema destra di Vox entra nel parlamento, si apre una delicata fase di trattative tra i partiti, per comporre una maggioranza parlamentare stabile per un nuovo governo del paese.
Normalmente il re, all'indomani del voto, dà l'incarico al candidato presidente del partito arrivato primo e questi, una volta costituite le nuove Cortes, si presenta in parlamento con un programma e le alleanze necessarie a totalizzare la maggioranza assoluta dei seggi di 176. Se non riesce a farsi eleggere in prima battuta, si ripresenta per un secondo turno in cui è sufficiente la maggioranza semplice. In questo caso, la situazione è resa più complicata dal fatto che entro un mese in Spagna si celebreranno elezioni europee come negli altri paesi della UE, accompagnate però da quelle per il rinnovo dei municipi tra i quali città del calibro di Barcellona e Madrid - e della maggior parte dei consigli delle Comunità Autonome. Perciò, difficilmente fino ad allora ci saranno grandi avanzamenti nel dialogo tra i partiti, come forse sarà accantonata per il momento la resa dei conti che si aprirà inevitabilmente in casa popolare.

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SCACCHIERE
Fino ad ora, gli scenari considerati per il dopo-elezioni erano almeno quattro: il primo, annunciato dal leader dei Popolari, Pablo Casado, negli ultimi giorni di campagna elettorale era rappresentato dalla somma delle tre destre (Pp, Ciudadanos e Vox) secondo il modello attualmente praticato in Andalusia. Il secondo, molto caldeggiato da una parte del gruppo dirigente socialista, consisteva in un patto di governo tra Psoe e Ciudadanos.

PERCORSI
Il terzo, avanzato per la prima volta da Pedro Sánchez, era l'intesa di governo tra Psoe e Podemos. Naturalmente, era abbastanza chiaro che quest'ultima ipotesi non sarebbe stata sufficiente a realizzare la maggioranza assoluta e sarebbe stato necessario il sostegno di almeno uno dei partiti indipendentisti e/o del partito nazionalista basco.
L'esito di queste elezioni, impedisce una maggioranza di destra, ma consente un patto tra socialisti e Ciudadanos. L'altra ipotesi praticabile è quella simile alla maggioranza che votò la mozione di sfiducia a Mariano Rajoy nel giugno scorso, portando Sánchez alla Moncloa. La buona performance di Esquerra Republicana de Catalunya - che in queste elezioni si sta disputando il primato nella politica catalana con il Psc, il partito dei socialisti catalani - la rende uno dei soggetti candidati per una futura maggioranza di governo, assieme ai 6 deputati del Pnv, Partito nazionalista basco, o a quelli di Junts per Catalunya.

GLI ALTRI
I leader dei partiti indipendentisti imprigionati che dal carcere hanno partecipato a iniziative di campagna elettorale per video-conferenza come capilista delle loro liste, hanno detto che non avrebbero mai agito in modo da favorire un governo delle destre. Hanno poi aggiunto che non avrebbero tracciato linee rosse per un governo Sánchez, ma anche che non gli avrebbero firmato un assegno in bianco. Insistendo che, nel dialogo che vogliono riaprire con lo Stato, il tema dell'autodeterminazione non può essere escluso a priori, dovendo potersi discutere di tutto. Ma sarebbe possibile anche un'altra ipotesi, quella di un governo di maggioranza semplice, perché la somma dei voti di Psoe e di Podemos è superiore a quella delle tre destre.
 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 29 Aprile 2019, 07:16
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