«Putin? Punterà a una guerra lunga», l’ambasciatore Valensise: dallo zar scelte irrazionali

«La Russia ha dimostrato incapacità tecniche. Per un dialogo vero serve la volontà di Mosca»

Putin, l’ambasciatore Valensise: «Irrazionali le scelte dello zar, punterà a una guerra lunga»

di Marco Ventura

Passi in avanti e passi indietro. La guerra (e la testa) di Putin è sempre più un rompicapo. Un giorno Mosca annuncia il ritiro da Kiev, il giorno dopo piovono missili lungo il fronte. Ai segnali di accordo subentra la doccia gelata del Cremlino per cui «c’è ancora tanto lavoro da fare».
Che sta succedendo?
«Il fatto che russi e ucraini si ritrovino attorno a un tavolo è senza dubbio un fatto positivo - dice Michele Valensise, già segretario generale della Farnesina e ambasciatore in Germania - come lo è qualche piccola apertura che si registra nelle rispettive posizioni. Fino a pochi giorni fa i russi volevano “denazificare” l’Ucraina, trattando la classe dirigente di Kiev alla stregua di nazisti e drogati, adesso sembrano disposti al dialogo. Ma non basta, le buone intenzioni devono esser seguite dai fatti e i fatti non sono incoraggianti. Assistiamo a una recrudescenza di bombardamenti russi contro obiettivi di tutti i tipi, anche civili, nelle ultime ore in particolare contro Kiev e Cernihiv. Si può capire la cautela di quanti dicono, ucraini in primis, che le buone intenzioni dei russi vanno messe alla prova dei fatti».


La situazione sul terreno consente l’accordo o i tempi non sono maturi?
«Dipende dall’evoluzione della guerra. I russi dicono di voler allentare la pressione militare, in particolare su Kiev, e poi bombardano ancora. Ci si deve chiedere: se domani ci trovassimo di fronte a una pausa di questi sciagurati e indiscriminati bombardamenti, sarebbe un ripiegamento definitivo o una pausa tecnica per poi riprendere l’offensiva magari con altre modalità? Su quali obiettivi? È da vedere. Per ora siamo agli annunci dei russi, che non dobbiamo sottovalutare ma neanche sopravvalutare. C’è molto da fare, lo dice anche il portavoce di Putin, Peskov. Ma sono i russi, gli aggressori, a doverlo fare».
Quali sono i punti nevralgici della trattativa?
«Il primo è la neutralità, sulla quale ci sono state aperture significative da parte di Zelensky, pronto a trattare sulla rinuncia ad armamenti in cambio di garanzie sulla sicurezza e quel che ne consegue. Il secondo punto è la sistemazione dei territori conquistati dalla Russia, Crimea e Donbass. In questo caso, la trattativa è ancora più delicata perché nessuno può perdere la faccia, né Zelensky che ha sempre puntato sull’integrità territoriale del suo Paese, né purtroppo Putin. Per questo una soluzione di compromesso è molto laboriosa e potrebbe forse passare attraverso una diluizione nel tempo dell’assetto definitivo».
Un congelamento della situazione?
«Si può fissare un punto di partenza e non di arrivo, né temporale né sostanziale. Si lascerebbe aperta la soluzione definitiva, senza pregiudicarla, per successivi negoziati. La si farebbe insomma decantare in attesa di tempi migliori. Gli ucraini sembrano disponibili. I russi non sappiamo».
Gli Stati Uniti sostengono che Putin va avanti con la guerra perché i suoi consiglieri gli hanno descritto una situazione che non è reale, è così?
«È la domanda che ci poniamo tutti.

La logica, la razionalità di un’azione scatenata in questo modo, è tutta da dimostrare. Sicuramente l’“operazione militare speciale”, come Putin obbliga a chiamare la sua guerra, ha avuto uno sviluppo molto diverso dalle aspettative di Mosca, per via di fattori come la straordinaria resistenza ucraina, la morsa molto stretta delle sanzioni, l’incapacità tecnica dimostrata dalle truppe russe. Tutto questo era difficile da prevedere, possono esserci tante concause, inclusa l’analisi non accurata dei rapporti di forza sul terreno, ma i dubbi sulla razionalità della decisione permangono».

 


Che cosa converrebbe razionalmente a Putin?
«Contribuire a una via d’uscita la più rapida possibile, perché il tempo sta lavorando contro l’Ucraina, distrutta ogni giorno di più, soprattutto in termini di vite umane, che a differenza dei palazzi non si potranno ricostruire, ma anche contro la Russia, alle prese con qualche difficoltà interna e con un problema di reputazione internazionale. La sua credibilità non è più quella di un grande Paese e attore globale quale è la Russia».
Pechino da che parte sta?
«La Cina è stretta fra l’esigenza di avere un mondo stabile, ordinato e prevedibile nel quale portare avanti la sua politica molto assertiva di espansione economica e tecnologica, e quella di restare vicina a un partner col quale ha concluso un accordo di cooperazione “senza limiti”. Questo spiega la cautela e l’ambiguità di Pechino».
Erdogan farà la differenza nel negoziato?
«Erdogan sta giocando le sue carte».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 31 Marzo 2022, 11:48
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