«In poche ore è cambiata la struttura di tutto il mercato dei cereali, una cosa sconvolgente che va ben oltre le conseguenze per le singole aziende. Assistiamo attoniti a quello che sembra un film ma che in realtà è uno scenario che si fa perfino fatica a raccontare». È angosciato Antimo Caputo, terza generazione di imprenditori di una delle realtà più note in Italia (e non solo) nel settore delle farine (le producono a Napoli dal 1924), 115 milioni di fatturato lo scorso anno, centinaia di migliaia di clienti e l’export in 70 Paesi di tutto il mondo.
Ucraina, grano bloccato nei porti: a rischio la produzione di pasta in Italia
Parla di “tempesta perfetta” dopo l’invasione russa dell’Ucraina e si capisce subito che non è una frase fatta o figlia di un eccesso di enfasi: «Non riusciamo a caricare tre navi di grano, già acquistato - parlo di 30-40mila tonnellate - e a farle partire dal porto di Rostov sul mare d’Azov che è lo sbocco marittimo su cui convergono i trasporti di grano provenienti da Ucraina, Russia e Kazakhstan: quell’area è ormai zona di guerra e prendere il mare è vietato. In Italia, invece, dobbiamo fare i conti con gli scioperi di autotrasportatori autonomi che paralizzano strade e autostrade e impediscono la consegna della merce: se continua così, saremo costretti a bloccare le produzioni (lo ha minacciato anche un colosso della pasta come Divella, ndr). E infine, come se tutto questo non bastasse, le nuove sanzioni annunciate dall’Ue potrebbero provocare il blocco da parte dei russi dell’esportazione del loro grano che per il nostro settore è fondamentale», dice Caputo quasi senza prendere fiato. E aggiunge: «Oltre tutto, se ci fosse un embargo, non potremmo nemmeno rimettere i pagamenti verso le banche russe: e avendo noi contrattualizzato tempo fa il grano che ci occorre, ne subiremmo per intero le conseguenze». Non per tutti i produttori però il grano è il problema numero uno. C’è anche il nodo energia che sarà inasprito dal conflitto: «Io utilizzo solo grano italiano e non di importazione - dice ad esempio Giuseppe Di Martino, patron del Gruppo che è tra i leader nazionali del settore - ma anche noi temiamo le conseguenze del costo dell’energia. Siamo stati già costretti ad aumenti di 35-40 centesimi al kg, quattro volte più dello scorso anno».
La rotta del pane e di tutti i cereali, compreso il mais utilizzato per i mangimi negli allevamenti animali, si è fatta decisamente complicata. Non che le cose prima della guerra andassero meglio visto che dal 2021 era già scattato un robusto aumento dei prezzi per effetto del rincaro delle materie prime anche nell’agroalimentare, solo in parte tamponato da misure di contenimento dei prezzi del trasporto.
Confagricoltura (Cia) stima ricadute a carico del consumatore del 20% anche su pane e farine, prodotti che risentono pesantemente dei prezzi dell’energia su produzione, imballaggio e soprattutto del trasporto, in un Paese in cui l’80% dei trasporti commerciali avviene su gomma. Ma pure il vino potrebbe pagare caro l’eventuale ritorsione russa alle sanzioni Ue: l’Italia è infatti partner commerciale privilegiato di Mosca che attualmente importa circa 150milioni di vino italiano (+35% negli ultimi 10 anni), mentre altri 49 milioni di euro di vino sono stati destinati all’Ucraina. Incertezze pesanti, senza dubbio. E vie di uscita a dir poco nebulose: «Non possiamo rivolgerci ad altri fornitori dall’oggi al domani – dice Caputo -, abbiamo le nostre scorte ma se non si recupera la pace potremmo resistere al massimo per un mese, non di più. I prezzi sono alle stelle, gas e petrolio continuano a salire e tutto il comparto molitorio ne sta risentendo già da tempo. C’è troppa tensione sui mercati: questa mazzata dopo due anni di Covid è arrivata proprio mentre stavamo risalendo la china. E anche per questo fa decisamente male».
Ultimo aggiornamento: Martedì 1 Marzo 2022, 09:46
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