Entrambi i candidati proponevano una piattaforma europeista, decisi a far campagna per un secondo referendum sul divorzio da Bruxelles, rivolgendosi a un elettorato di riferimento rianimato dal buon risultato delle ultime elezioni Europee, dove i LibDem sono arrivati addirittura secondi con il 20%, dietro il Brexit Party di Nigel Farage, imponendosi come formazione pro Remain senza compromessi dopo una fase di profonda crisi. Ed entrambi promettevano opposizione durissima al brexiteer Boris Johnson, probabile prossimo premier conservatore, oltre che all'ipotesi di un no deal.
La più giovane Swinson, scozzese di Glasgow, partiva del resto come favorita, in veste di vice-leader uscente e per la sua immagine più mediatica. Davey, 53 anni, puntava invece, Brexit a parte, sulla fama di paladino dell'ambiente e artefice di varie iniziative per contrastare i cambiamenti climatici. Ma scontava il logorio d'aver fatto parte da ministro dell'Energia del governo di coalizione Tory-Libdem costituito nel 2010 sotto le leadership di David Cameron e Nick Clegg: un'esperienza dimostratasi in seguito disastrosa per le fortune elettorali della terza forza nelle elezioni del 2015. Stando agli ultimi sondaggi, il Partito Liberaldemocratico è accreditato ora in caso di elezioni politiche nazionali di un 18% di consensi, più meno come il Brexit Party dall'altro lato della barricata. Mentre il Labour di Jeremy Corbyn è dato poco sotto il 30% e i Tory poco sopra il 25, in uno scenario che - se confermato - potrebbe rivelarsi quello di un Parlamento frammentato e senza maggioranza chiara (hung Parliament).
Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Luglio 2019, 22:44
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