Libia, passa la linea italiana: parte la missione Ue per bloccare l'offensiva di Haftar

Libia, parte la missione della Ue per bloccare l'offensiva di Haftar

di Marco Ventura
Si muove l'Europa e va in missione a Tripoli il 7 gennaio dietro impulso italiano, con il coordinamento dell'Alto rappresentante della Ue Josep Borrell, che ha informato ieri il ministro degli Esteri libico, e la spinta di Berlino che sta preparando in Germania la conferenza di gennaio sulla Libia. Il tutto per impedire l'affondo su Tripoli delle truppe di Bengasi del generale Haftar (sostenuto da Egitto, Russia e Emirati Arabi Uniti) e il dispiegamento contrario di truppe turche in appoggio al fragile governo di concordia nazionale di Al Sarraj.

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IL TAVOLO
Borrell ha precisato al suo interlocutore che alla missione parteciperanno i titolari degli Esteri di Italia, Germania, Francia e Regno Unito. Un estremo tentativo di stabilizzazione, mentre tuonano le armi e l'autoproclamato esercito di liberazione libico di Haftar annuncia di aver preso il controllo della base di Naqliya e dell'aeroporto a sud di Tripoli, pronto a entrare con forze di élite nei quartieri residenziali a sud della capitale. Sulla pagina Facebook delle forze di Haftar si legge che avanzano verso il centro di Tripoli «dopo violenti scontri» con le milizie di Al Sarraj che si sarebbero «ritirate lasciando cadaveri lungo la strada per l'aeroporto».

I RAID
Proseguono le incursioni dell'aviazione di Bengasi, integrata a quanto pare da caccia degli Emirati, con il quarto raid in 24 ore contro il complesso petrolifero di Zawiya, una cinquantina di chilometri a ovest di Tripoli. Colpita Saladin, 35 chilometri dalla capitale, dopo i martellamenti degli ultimi giorni sull'area di Bir al-Osta Milad a Tajoura, con morti e feriti tra i civili. Sul fronte opposto diverse fonti riferiscono dell'apertura di quattro centri di reclutamento nella zona sotto controllo turco in Siria, per creare una forza da dispiegare subito in Libia, filo-turca e filo-Tripoli, formata da ribelli siriani vicini a Ankara. Il reclutamento a Afrin, nord di Aleppo, è confermato da emittenti arabe e da un alto funzionario del governo di Tripoli citato da Bloomberg e ripreso dai media turchi.

I COMPENSI
Stando all'Osservatorio siriano per i diritti umani, ai combattenti verrebbe offerta una paga mensile tra 1.800 e 2mila dollari. Avrebbero risposto all'appello i turcomanni siriani della Divisione del Sultano Murat. Il portale Middle East Eye indica pure le Brigate Suqour al-Sham. A capo dei mercenari andrebbe il gruppo Faylaq al-Sham, che nel 2011 fu rifornito di armi e munizioni da Tripoli e 2 anni dopo ricambiò il favore inviando consiglieri militari contro Haftar. Si tratta di ribelli ben preparati e forgiati da anni di guerra contro le milizie curde nel Nord deella Siria.

LA PROMESSA
A livello ufficiale, la portavoce dell'esercito turco, Nadide Sebnem Aktop, ha dato corpo alle promesse di aiuto militare a Tripoli del presidente Erdogan dichiarando: «Siamo pronti a intervenire in patria e all'estero appena ricevuto l'ordine. Una mozione sull'invio di militari turchi in Libia sarà presto discussa, alla riapertura del Parlamento tra l'8 e il 9 gennaio». L'invio avverrebbe in base all'accordo di cooperazione militare del 19 dicembre fra Ankara e Tripoli. È di venerdì la richiesta attraverso l'ambasciatore libico in Turchia di sostegno militare a terra e per mare contro Haftar. Che da parte sua può contare su mercenari russi e su circa 3mila sudanesi.

LA BASE
Per bilanciare l'esercito di Haftar, la Turchia sta progettando di creare una base militare in Libia come quelle che ha già in Qatar e in Somalia. E si intensificano le iniziative diplomatiche: telefonate incrociate di Putin col presidente egiziano Al Sisi, che già aveva parlato con Trump, contro le «interferenze straniere», dell'inviato dell'Onu per la Libia Ghassan Salamé con l'inviato russo per il Medio Oriente e l'Africa, Mikhail Bogdanov, la missione a Cipro di alcuni parlamentari di Tobruk pro-Haftar in chiave anti-turca, e l'uscita del ministro degli Esteri greco, Miltiadis Varvitsiotis, che accusa Erdogan di «giocare col fuoco».

GLI ALTRI
Infine, premono dalle retrovie Tunisia e Algeria per scongiurare la guerra aperta e il ritorno del terrorismo in Libia (e Mali). È in questo quadro frammentato e pericoloso che si inserisce la missione europea proposta dal ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, ipotizzata per il 7 gennaio. «Si tratta spiegano fonti della Farnesina - di un importante passo avanti, ma stiamo ancora definendo alcuni dettagli. L'unica soluzione possibile alla crisi libica è politica e non militare».
Ultimo aggiornamento: Sabato 28 Dicembre 2019, 12:54
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