Le tensioni duravano da giorni, dal 23 maggio, quando il voto nel Nord del Kosovo era stato boicottato dalla popolazione serba - che è minoranza nel Paese, ma maggioranza in alcune città - e perciò le consultazioni avevano avuto come risultato quello di eleggere sindaci di etnia albanese. Ai quali però i dimostranti serbi impediscono di entrare nei municipi per prendere possesso degli uffici. Ieri la protesta si è ripetuta, con una violenza maggiore soprattutto nella cittadina di Zvecan, 45 chilometri a nord della capitale, Pristina. E due veicoli delle forze speciali di polizia kosovare sono di fatto rimaste in trappola. Una situazione esplosiva, che ha costretto i militari della forza d’interposizione Nato, Kfor, a dispiegarsi nei quattro centri più a rischio, e il generale di divisione Angelo Michele Ristuccia, comandante di tutto il contingente, a dare l’ordine di disperdere la folla e liberare i poliziotti accerchiati.
Kosovo, gli scontri
Agli appelli scanditi al megafono ad allontanarsi dalle strade non c’è stata risposta. E ai lacrimogeni e alle bombe sonore i più facinorosi hanno risposto con un nutrito lancio di sassi e molotov, innescando scontri che hanno portato in serata al bilancio di 34 feriti tra i militari della Kfor, di cui 14 italiani, gli altri ungheresi. E a una crisi che rischia di degenerare fra truppe serbe ammassate ai confini e le autorità kosovare decise a ristabilire la legalità e difendere il voto, anche se boicottato dai serbi. Fratture e ustioni hanno subìto gli italiani, alpini del 9° Reggimento dell’Aquila. Ai quali il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, esprime a nome anche del governo «i più sinceri sentimenti di vicinanza e inoltre la più ferma condanna dell’attacco avvenuto a danno della missione Kfor, che ha coinvolto anche militari di altre nazioni». Quel che sta accadendo «è assolutamente inaccettabile e irresponsabile», dice. «Non tollereremo ulteriori attacchi nei confronti di Kfor. È fondamentale evitare ulteriori azioni unilaterali da parte della autorità kosovare e che tutte le parti in causa facciano immediatamente un passo indietro». Solo così potranno «contribuire ad allentare le tensioni».
La diplomazia
Invito ribadito dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al premier kosovaro, Albin Kurti, ma anche in una telefonata al presidente serbo, Alexandr Vucic. Kurti ha incontrato gli ambasciatori di Stati Uniti, Francia, Italia, Germania e Gran Bretagna, che lo hanno esortato a una «de-escalation, a ridurre le tensioni» suggerendo che i sindaci neo-eletti svolgano le loro funzioni da edifici che non siano i municipi dei Comuni a maggioranza serba.
I feriti
L’agenzia di stampa serba Tanjug parla di decine di feriti tra i manifestanti. «Le strutture illegali serbe - ribatte la presidente del Kosovo, Vjosa Osmani - trasformate in bande criminali hanno attaccato la polizia, i militari Kfor e i giornalisti. Questi atti inaccettabili di violenza dovrebbero essere condannati da tutti. Coloro che obbediscono all’ordine di Vucic di destabilizzare il nord del Kosovo dovrebbero essere processati». L’ambasciatore americano, Jeff Hovenier, sottolinea che la violenza è partita dai dimostranti. La Nato condanna l’aggressione ai militari d’interposizione e aggiunge che terrà fermo al proprio mandato «continuando ad agire in modo imparziale». Solidarietà ai militari italiani da tutte le forze politiche e in particolare dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, e dal capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone.
Ultimo aggiornamento: Martedì 30 Maggio 2023, 15:37
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