Travolto dall'austerity, parabola Alexis da salvatore del popolo a “illusionista”
di Mario Ajello
L'ABBRACCIO
Ora ha scelto un altro demiurgo e taumaturgo questo Paese. S'è sottratto alle vessazioni tecnocratico-europeiste dell'ex ragazzo rosso - imputandogli soprattutto il taglio ai servizi sociali, ma il suo successore ne annuncia ancora di più - e ha puntato sul cinquantunenne Mitsotakis. Ci si aspetta disperatamente che riesca dove Alexis è fallito. Nel dare una ripresa economica vera e fortemente percepita a un Paese che sta crescendo ma poco e che soffre di un aumento delle tasse fino al 60 per cento ai danni del ceto medio in rivolta e a un popolo che, nonostante tutti i sacrifici fatti, impiegherà parecchio tempo per riprendersi. Nell'auspicio che il nuovo premier e leader di Nea Demokratia - non un outsider ma un uomo cresciuto nella politica e nel potere, con buoni agganci a Bruxelles - risolva con la sua rivoluzione liberale ma anche liberista, privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, riduzione dell'abnorme peso fiscale, l'eterna tragedia greca. Quella in cui, a fronte di parametri economici leggermente migliorati, centinaia di negozi continuano a chiudere, quattro giovani su dieci sono senza lavoro, la previsione di crescita per quest'anno è di 1,5 in meno rispetto alla media europea, la disoccupazione è scesa al 20 per cento ma i lavori sono precari e i salari sono bassi e le stime di aumento del Pil all'1,9 sembrano una pura astrazione a dispetto dei proclami di Tsipras.
Alexis il salvatore mancato va a sbattere su questo e sul non essere stato capace, lui pur così abile in passato a stabilire una connessione sentimentale con i greci, di convincerli di avere ancora un'agenda sociale e progressista. Mollato dai votanti di sinistra - i pochi affezionati che gli rimangono, anche in Italia, intonano un ritornello irriguardoso contro la saggezza e i bisogni della gente: lui stava salvando la Grecia ma i greci sono degli ingrati! - e liquidato dall'esigenza dei cittadini di affidarsi a nuove promesse e a un nuovo titolare di un possibile riscatto nazionale. E speriamo che non finisca come nella celebre commedia di Aristofane, I cavalieri, andata in scena nel 424 a.C., in cui il demos s'affida al populista Paflagone, poi lo molla e sceglie un altro che promette mari e monti ma fallisce. Stavolta non dovrà andare così, perché è un Paese che non si merita continue umiliazioni e povertà. E la riduzione delle tasse al ceto medio potrà essere, insieme alla contrattazione del debito in sede Ue, una boccata d'ossigeno.
IL PENDOLO
E così, la Grecia va sull'altalena. Quello che prima era il vecchio (il centrodestra tradizionale di Nea Demokratia, responsabile insieme ai sindacati e alla sinistra dell'inizio dello sfascio con tanto di conti truccati per ingannare la Ue) e quello che prima era il nuovo (il compagno Tsipras che rovescia il verdetto referendario anti-Ue del 2015 per evitare la Brexit) si scambiano le parti in tragedia. E arriva una lezione da Atene. La destra moderata era diventata sconosciuta in Grecia (come lo è al momento in Italia) ma un leader fresco (sia pure proveniente da una delle più importanti dinastie politiche del Paese, insieme ai Papandreu e ai Karamanlis, e figlio di un ex primo ministro), con pedigree internazionale (Harvard, Stanford, Chase Bank e McKinsey) e con un programma fortemente riformista e liberale può avere la meglio rispetto al populismo o, nel caso di Tsipras, al post-populismo. Bisognerà vedere ora come si muove il pendolo, se verso la restaurazione della vecchia politica sotto un volto nuovo o di una vera modernizzazione. Che è quella che serve a dare alla Grecia, finalmente, una sua normalità dopo tante illusioni.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 8 Luglio 2019, 08:26
© RIPRODUZIONE RISERVATA