Gas, Germania in crisi dopo il taglio dalla Russia. «Le industrie rischiano il tracollo»

Il colosso statale russo Gazprom ha già ridotto del 60% i flussi di gas verso la Germania attraverso il principale gasdotto Nord Stream 1

Tagli al gas dalla Russia, la Germania è in crisi: «Le industrie rischiano il tracollo»

I tagli alle forniture di gas naturale dalla Russia rischiano di mettere in ginocchio interi settori dell’industria in Germania. A lanciare l’allarme è Yasmin Fahimi, a capo della Confederazione sindacale tedesca (DGB): «A causa dei colli di bottiglia del gas, intere industrie rischiano un tracollo permanente: alluminio, vetro, industria chimica. Un tale crollo avrebbe enormi conseguenze per l’intera economia e l’occupazione in Germania», afferma Fahimi in un’intervista a Bild am Sonntag. Venerdì il ministro per l’Economia Robert Habeck ha messo in guardia circa il rischio di una possibile ondata di fallimenti tra le utilities a causa dei problemi negli approvvigionamenti di gas. In tal caso scatterebbe una clausola che consente ai fornitori di alzare i prezzi a carico dei consumatori indipendentemente dagli accordi contrattuali.

IL BLOCCO

L’industria chimica, che impiega circa 346.000 persone, è il terzo comparto più grande della Germania, secondo Germany Trade & Invest, l’agenzia di promozione degli investimenti del Paese. Come riferisce Insider in un approfondimento, la Germania - che rappresenta la principale economia europea - dipende dal gas naturale proveniente dalla Russia, che copre il 35% delle sue importazioni. I tedeschi acquistano all’estero quasi tutto il gas che utilizzano, pari a circa un quarto del mix energetico totale del Paese, come riporta il ministero dell’Economia. Il colosso statale russo Gazprom ha già ridotto del 60% i flussi di gas verso la Germania attraverso il principale gasdotto Nord Stream 1, motivandolo con il blocco delle apparecchiature in Canada a seguito delle sanzioni conseguenti alla guerra in Ucraina. E ora Berlino teme che la situazione possa peggiorare con la chiusura programmata di Nord Stream 1 per manutenzione dall’11 al 21 luglio. La preoccupazione è che sia il primo passo verso lo stop totale: il presidente dell’Agenzia federale delle reti, Klaus Muller, non nasconde che la manutenzione di routine del gasdotto potrebbe «trasformarsi in una manutenzione politica che durerà più tempo». E se il flusso di gas proveniente dalla Russia dovesse fermarsi «per un periodo lungo, allora dovremo parlare seriamente del risparmio nei consumi di energia», avverte Muller.

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OCCUPAZIONE

La scorsa settimana il ministro Habeck ha preannunciato che i flussi di gas naturale potrebbero non riprendere dopo i lavori programmati e questo avrebbe ricadute sullo stoccaggio del carburante prima del inverno, quando la domanda aumenta. «Non abbiamo a che fare con decisioni irregolari, ma con una guerra economica, completamente razionale e molto chiara», ha detto Habeck.

Il mese scorso la Germania è entrata nella seconda fase del suo piano di emergenza del gas in tre fasi, dopo che la Russia ha rallentato le forniture. Se la situazione dovesse peggiorare, il Paese potrebbe iniziare a razionare il gas naturale nell’ultima delle tre fasi del piano, come indicato dal ministero dell’Economia. Secondo il programma di emergenza l’industria sarebbe in prima linea per i tagli all’offerta, una mossa con ricadute devastanti sull’economia e che porterebbe alla perdita di molti posti di lavoro, concordano manager e sindacati tedeschi. Il razionamento, scrive l’agenzia Bloomberg citando Habeck, colpirebbe innanzitutto le fabbriche non collegate alle reti residenziali.

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DEFICIT COMMERCIALE

Da inizio anno i futures olandesi sul gas naturale sono più che raddoppiati e la crisi energetica del Paese sta già portando l’inflazione a livelli record: «Questo minaccia la stabilità sociale», riflette Yasmin Fahimi. E come non accadeva da trent’anni, la Germania registra il suo primo deficit commerciale mensile: il dato diffuso oggi è relativo a maggio e segna un rosso di un miliardo di euro, il primo dal 1991. A mandare in negativo la bilancia commerciale tedesca sono stati il calo della domanda di made in Germany a livello globale, oltre a rallentamenti della produzione, e l’incremento dei costi dei prodotti importati. Le esportazioni sono così scese dello 0,5% a 125,8 miliardi di euro mentre il valore delle importazioni è salito del 2,7% a 126,7 miliardi, più delle attese. In particolare l’export verso l’Unione europea è diminuito del 2,8% e quello verso la Gran Bretagna del 2,5%. Sono salite le vendite verso gli Stati Uniti (+5,7% su maggio 2021), pressoché invariate quelle verso la Cina (+0,5%). Le esportazioni verso la Russia sono state più basse del 54,6% rispetto all’anno prima, tuttavia maggio ha registrato una sensibile ripresa dei flussi verso Mosca con un incremento di un miliardo di euro (+29%) rispetto ad aprile. L’import dalla Russia è sceso del 9,8% a 3,3 miliardi. L’invasione russa dell’Ucraina e i blocchi legati al Covid in Cina stanno mettendo in grave difficoltà le catene di approvvigionamento internazionali, con ricadute sostanziali per l’economia tedesca molto orientata alle esportazioni. Negli ultimi 15 anni i surplus mensili tedeschi hanno quasi sempre oscillato tra i 15 e i 20 miliardi di euro, ora i prezzi per le importazioni di energia, cibo e componenti utilizzati dai produttori sono aumentati di oltre il 30% rispetto a un anno fa. Il cancelliere Olaf Scholz ha messo in campo un’azione nazionale «concertata» per combattere l’inflazione e oggi si svolgerà un primo incontro fra le parti chiamate in causa per contrastare la crisi energetica e le sue conseguenze sulle tasche dei tedeschi. Scholz vuole che le soluzioni emergano da un dialogo con sindacati, datori di lavoro, con la Bundesbank, con esperti ed economisti. L’aumento dei costi dell’energia, ha detto, possano diventare una «bomba sociale» e il governo federale dovrà «ulteriormente impegnarsi sulla strada delle misure di aiuto alla cittadinanza».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 4 Luglio 2022, 22:11
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