Elezioni Usa 2020, cosa cambia dopo Trump. Le scelte di Biden su Covid ed economia

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di Anna Guaita e Flavio Pompetti

Mentre attende pazientemente i risultati della lunga maratona elettorale, Joe Biden pensa già al suo primo giorno alla Casa Bianca, al primo atto da 46mo presidente degli Stati Uniti: firmare le carte con cui gli Usa rientreranno nell'accordo di Parigi sul clima, dando subito un segnale di forte discontinuità con i quattro anni di Trump. A quel punto potrà cominciare a realizzare il suo programma, marcando la differenza con il suo predecessore sulla gestione della pandemia: in arrivo un piano di finanziamenti per cure ed ospedali e mascherine obbligatorie.
L'agenda è pronta anche sul fronte economico, con un consistente pacchetto di aiuti a famiglie e imprese. I democratici hanno in programma un investimento di 3.000 miliardi per il salvataggio dei comuni in bancarotta e per il sostegno degli americani in difficoltà. In campo fiscale i democratici dovrebbero far approvare dal Congresso la revoca dei tagli concessi da Trump e l'aumento delle aliquote sui redditi annui superiori ai 400.000 dollari. Biden ha lavorato per mesi al suo programma, con una serie di lunghissime riunioni via Zoom tenute tra un evento elettorale e l'altro. A frenare le sue ambizioni potrebbe essere però un Congresso in cui i repubblicani continueranno ad avere il controllo del Senato.

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Covid

Mascherine obbligatorie e piano di finanziamenti per cure ed ospedali

Joe Biden ha assicurato che non intende neanche aspettare di essere alla Casa Bianca per lanciare la sua crociata contro la pandemia: «Chiamerò tutti i governatori di tutti gli Stati, rossi e blu, chiamerò i sindaci e i funzionari locali per capire di che tipo di aiuto hanno bisogno, quando e quanto». Biden ha anche già annunciato che chiederebbe al nuovo Congresso, che si insedia il 3 gennaio, di preparare una legge che metta a disposizione del Paese «le risorse necessarie sia sul fronte della salute che dell'economia».

La differenza

In altre parole, la nuova Amministrazione intenderebbe differenziarsi in modo fondamentale da quella uscente, nel senso che Donald Trump ha delegato ai singoli Stati la battaglia al covid-19 mentre Biden vuole guidarla dal centro del potere federale seguendo un piano unitario e «basandosi su quello che dicono gli scienziati e gli esperti». Nella squadra di transizione difatti, è prevista una équipe di specialisti che vanno dall'epidemiologa Celine Gounder, che è stata all'avanguardia nella lotta contro l'Aids, a Julie Morita, un'epidemiologa specializzata in campagne di vaccinazione. Quanto alla futura politica da presidente, Biden ha annunciato che non intende accettare che indossare le maschere possa restare una scelta dei governatori, e un atto politico: «Se i governatori si rifiuteranno di rendere le maschere obbligatorie, parlerò con i sindaci, e comunque le renderemo obbligatorie in tutti gli uffici federali e in tutti i trasporti interstatali».

La campagna

Una grande campagna per rendere il test diffusissimo, gratis e veloce dovrebbe assicurare una media di 7 milioni di test al giorno (quanti oggi gli Usa ne riescono a fare in una settimana). Al livello federale e non più statale sarà anche il compito di contact tracing, per il quale Biden intenderebbe creare un vero e proprio corpo di specialisti. Quanto a fornire al Paese tutti gli strumenti per la difesa personale dal virus, da maschere a uniformi a guanti, Biden ha annunciato che si avvarrà del Defense Production Act, la legge del 1950 che permette al presidente in casi di emergenza di mobilitare la produzione industriale nazionale, cosa che Trump ha fatto solo parzialmente. Ci sarà anche un impegno per la diffusione equa e veloce del vaccino, mentre una squadra di scienziati si occuperà di dare al Paese indicazioni e consigli precisi sulla riapertura delle attività in modo che l'economia possa riprendere senza però che si causino nuovi picchi del contagio: «Il governo offrirà consulenze e consigli tecnici, in modo che tutti abbiano modo di fare domande e chiarire i loro dubbi».

Economia

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Joe Biden sa bene che questa sarà la prima emergenza del suo piano economico da presidente. I democratici vorrebbero vedere una spesa di 3.000 miliardi che comprenda il salvataggio dei comuni in bancarotta, e un forte sostegno alla popolazione. Ma sono anche coscienti che l'approvazione dipende tutta dalla composizione che il senato avrà a fine voto. Solo se i loro candidati riusciranno a vincere il ballottaggio per i due seggi ancora in ballo in Georgia l'approvazione sarà possibile. Altrimenti i repubblicani conserveranno la maggioranza nella camera alta, e pretenderanno di negoziare ogni nuova spesa.

Le aliquote

Lo stesso handicap graverebbe sulle decisioni che Biden vorrebbe prendere in campo fiscale. La revoca dei tagli concessi da Trump sarebbe forse alla portata di un accordo che dovrà passare dal congresso, ma l'ambizione di alzare una serie di aliquote sui redditi annui superiori ai 400.000 dollari sarebbe più difficile da portare a casa.
Maggiore libertà di azione ci sarebbe invece nel campo della politica energetica, dove decreti presidenziali potrebbero tagliare gli incentivi oggi concessi all'industria estrattiva degli idrocarburi. Biden vuole investire in modo massiccio nella transizione verso l'elettrico, e costruire una rete di mezzo milione di stazioni di ricarica delle batterie in autostrada. Su questo punto potrebbe trovare il consenso dell'opposizione, spinta da un cambiamento di rotta che la grande industria ha già maturato da tempo, e che ha sollecitato a vuoto negli anni di Trump.
Non ci sarà pacificazione nei rapporti con la Cina. La competitività tra le due potenze è ormai uscita allo scoperto su diversi piani, da quello politico a quello economico, e Biden sentirà il dovere di bacchettare Xi sul punto più dolente per l'avversario: quello della violazione dei diritti civili. L'annunciato abbandono della guerra dei dazi come strumento di dialogo con l'estero potrebbe però perlomeno riportare il confronto entro i termini del negoziato diplomatico. La pacificazione con gli alleati europei è invece data per scontata, e con essa la rimozione delle imposte punitive sulle nostre esportazioni verso gli Usa.

Le organizzazioni internazionali

Mano tesa infine per le grandi organizzazioni internazionali, con le quali Trump ha tagliato i rapporti o li ha spinti ad un livello di minima cooperazione. L'Oms in primo luogo. E poi il Wto e la Banca mondiale, per le quali Trump ha espresso più volte sfiducia.
 

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Ultimo aggiornamento: Sabato 7 Novembre 2020, 09:58
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