Spagna, peggiora l'epidemia Covid: la Catalogna rinvia le elezioni di febbraio al 30 maggio

Spagna, peggiora l'epidemia Covid: la Catalogna rinvia le elezioni di febbraio al 30 maggio

di Elena Marisol Brandolini

Barcellona. Si può in nome di una pandemia sospendere un diritto fondamentale come quello al voto? Ed è credibile la politica quando, in una congiuntura pandemica, fa dipendere le sue decisioni dall'esclusiva evidenza epidemiologica? Sono gli interrogativi che hanno percorso le ultime consultazioni elettorali in giro per il mondo e che per lo più i Paesi hanno risolto confermando l'appuntamento elettorale: è successo così nelle elezioni generali della Corea del Sud, nelle presidenziali statunitensi e nelle elezioni in Bolivia. Sarà così anche in Portogallo, il prossimo 24 gennaio, per eleggere il presidente della Repubblica, nonostante sia in vigore il confinamento domiciliare per combattere la nuova ondata di contagi. In Catalogna, invece, le elezioni che erano state programmate per il prossimo 14 febbraio, vengono rinviate dal governo, con il sostegno dei partiti catalani fatta eccezione per il partito socialista catalano, al 30 maggio. È vero che in Spagna è già successo che le elezioni autonome si siano rimandate per colpa della pandemia: in Galizia e Paesi Baschi si finì col votare a luglio dello scorso anno invece che ad aprile, ma in aprile erano vigenti lo Stato di allarme e il confinamento domiciliare stretto. Anche in Cile, per le stesse ragioni, fu rinviato il referendum sulla Costituzione di Pinochet di alcuni mesi, fino a celebrarlo nell'ottobre scorso. E il land tedesco della Turingia ha appena deciso di rinviare le elezioni regionali dall'aprile al settembre prossimo per l'accelerazione dell'ondata pandemica.

Il governo spagnolo, tramite il suo ministro della Giustizia, Juan Carlos Campo, ha provato a mettere in discussione lo spostamento delle elezioni catalane ad altri dati, avvertendo della gravità democratica della loro sospensione, anche se si tratta piuttosto di un rinvio. Ma, ancor di più, è il cattedratico di Diritto Costituzionale Javier Pérez Royo ad allertare sulla gravità della scelta di rinviare le elezioni per la presenza del virus: “Uno Stato democraticamente costituito deve dare una risposta che non comprometta i diritti del diritto al suffragio", specie quando riguarda territori con una popolazione contenuta. "La celebrazione delle elezioni una volta che siano convocate non è suscettibile neppure di essere messa in discussione", scriveva su El Diario lo scorso 13 gennaio.

Come si fa dunque a esercitare il diritto al voto senza mettere a rischio la salute pubblica? Con le misure che sono già state utilizzate negli altri casi, che vanno dall’installazione dei seggi in spazi ampi e arieggiati alla possibilità di votare in due giorni piuttosto che in uno solo; dalla promozione del voto per posta, come si è fatto negli Stati Uniti e com’è sempre possibile in Spagna in tutte le elezioni al far arrivare le urne nelle residenze per anziani e tra le persone in quarantena, come succederà in Portogallo la prossima settimana.

Ma in Catalogna si è solo ragionato del rinvio delle elezioni fin dal momento della loro convocazione, non di come farle svolgere in una situazione straordinaria come quella determinata da una pandemia. E quella che era parsa una possibilità fin dal principio, è diventata una realtà per effetto del peggioramento dei dati epidemiologici, proprio in coincidenza con l’appuntamento elettorale.

Difficile però non apprezzare che ci sia stato anche dell’altro oltre l’accelerazione della pandemia a determinare il rinvio elettorale. Qualcosa che ha a che vedere con i pronostici elettorali più recenti: tanto che Miquel Iceta, segretario del PSC, assicura che Salvador Illa, attuale ministro della Sanità e da poco candidato capolista dei socialisti catalani, vincerà comunque le elezioni, anche a maggio. Il rinvio al 30 maggio apre una fase d’incertezza, non solo per le nuove regole che si aggiungeranno a quelle vecchie (censo, liste, etc.), ma soprattutto perché chiunque, cittadino o partito, potrebbe ricorrere il provvedimento della Generalitat di spostamento delle elezioni, chiedendone la sospensione cautelativa e riattivando quindi la data di febbraio.

In Catalogna si è ormai da un anno in campagna elettorale, da quando l’ex-presidente della Generalitat Quim Torra disse che la legislatura era finita per le divisioni interne al movimento indipendentista. Dalla fine di settembre, con l’inabilitazione di Torra per avere appeso uno striscione sul Palau de la Generalitat rivendicando la libertà dei leader indipendentisti in carcere e in esilio, alla guida del governo catalano vi è il vice-presidente Pere Aragonès in funzioni di presidente. La soluzione del conflitto catalano non avanza, né il dialogo con il governo spagnolo né gli indulti per i dirigenti dell’indipendentismo condannati nel processo per il referendum dell’1 ottobre e difficilmente qualcosa si muoverà prima che le prossime elezioni catalane ridefiniscano i rapporti di forza all’interno dell’indipendentismo e dello schieramento politico più in generale. Anche le confederazioni sindacali di CCOO e Ugt hanno mostrato la loro contrarietà al rinvio elettorale per la gestione delle conseguenze economiche e sul lavoro della pandemia.

Infine, il rinvio delle elezioni catalane ha un effetto anche sulle elezioni alla presidenza del FC Barcelona, ​​attualmente senza guida, che non si celebreranno più il prossimo 24 gennaio, come previsto. In questo caso, il censo elettorale è costituito da 110.000 soci del club.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 15 Gennaio 2021, 20:01
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