Coronavirus, Sars, Ebola: ecco perché i virus nascono dai pipistrelli (e non in laboratorio)
Della stessa opinione anche il direttore del Dipartimento per la sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss), Umberto Agrimi. «Al momento sono tre i casi documentati di infezione da Sars-Cov-2 negli animali da compagnia - osserva - troppo pochi per trarre conclusioni, ma quello che si può dire è che per una malattia che si trasmette così efficacemente da uomo a uomo, questi tre casi di infezione negli animali, al momento, hanno un interesse di natura più scientifica che sanitaria.
Tuttavia, trattandosi di un virus nuovo, il dato merita approfondimenti, e questi si stanno avviando anche in Italia. Ma una cosa è certa: gli animali sono le vittime e non gli 'untorì. Vivendo in ambienti a forte circolazione virale, non è inatteso che possano anche loro, occasionalmente, contrarre l'infezione.
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Ma da questo per ipotizzare un loro ruolo epidemiologico occorrono evidenze ben più solide, ne passa. E in questa direzione è bene indirizzare anche gli sforzi della sorveglianza veterinaria». Diversi organismi sanitari internazionali, spiega Agrimi, hanno fornito suggerimenti per la corretta gestione degli animali domestici di proprietà di pazienti affetti da COVID-19. In tutti i casi, si ribadisce che al momento non esistono prove sul fatto che cani o gatti giochino un ruolo nella diffusione di COVID-19.
«Tuttavia, poiché uomini ed animali possono a volte possono condividere le stesse malattie, si raccomanda comunque ai malati di COVID-19 di limitare il contatto con gli animali, analogamente a quanto si fa con le altre persone del nucleo familiare, evitando ad esempio baci o condivisione del cibo, mantenendo le misure igieniche di base quali il lavaggio delle mani prima e dopo essere stati a contatto con gli animali».
Ultimo aggiornamento: Sabato 28 Marzo 2020, 01:06
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