Ci sono ferite che non si rimarginano neanche dopo quarant'anni. È il caso di chi, come Adriano Sabbadin, ha perso il padre Lino, macellaio di Venezia, per mano del gruppo Proletari Armati per il Comunismo il 16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala. «Questi assassini devono essere consegnati alla giustizia - ha detto a proposito dell'arresto dei sette ex Brigate Rosse fermati in Francia nell'ambito dell'operazione anti-terrorismo "Ombre rosse". Sono persone che hanno rovinato famiglie, come la mia. A distanza di quarant'anni dall'omicidio di mio padre la ferita per noi è ancora aperta».
Poi l'accusa: «Il governo francese si assuma la responsabilità per la fuga di Bergamin (compagno di lotta di Cesare Battisti e che partecipò all'omicidio del padre Lino, ndc) e per avergli dato protezione fino ad ora. Gli ordini di arresto - sottolinea Sabbadin - dovevano avvenire molto tempo fa. Va bene l'operazione di oggi ma i nostri morti non sono andati in prescrizione. Per questo mi dispiace che Bergamin sia riuscito a fuggire, ma sono fiducioso che possa essere catturato. Questi non sono da considerare ex terroristi. Che paghino tutti, non è solo un dovere verso i familiari delle vittime, ma un diritto della nostra democrazia».
Dottrina Mitterrand, cos'è e perché ha permesso agli ex brigatisti di rifugiarsi in Francia
L'omicidio di Lino Sabbadin
Il 16 febbraio 1979 Lino Sabbadin, che poco prima dell'attentato aveva già sparato e ucciso un rapinatore, si trovava nella sua macelleria a Caltana, una frazione di Santa Maria di Sala.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Aprile 2021, 13:41
© RIPRODUZIONE RISERVATA