Brexit, a Cardiff il primo giorno fuori dall'Unione europea: «Basta con l'incertezza, ora si può ripartire»

Brexit, a Cardiff il primo giorno fuori dall'Ue: «Basta con l'incertezza, ora si può ripartire»

di Paolo Ricci Bitti

dal nostro inviato
CARDIFF Nel silenzio della notte piovigginosa di venerdì il vessillo azzurro della Ue è sceso lentamente lungo il pennone davanti alla City Hall di Cardiff che intanto, tutt'attorno, celebrava a suon di cori e di pinte la vigilia di qualcosa esattamente all'opposto della Brexit: la partita di rugby tra Galles e Italia del Sei Nazioni, il  trisecolare Torneo che tiene unito un bel pezzo d'Europa.

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Un ammainabandiera senza cerimonie, senza rintocchi di campane, senza roboanti show di luci come a Londra. Anche nella capitale gallese (600mila dei 3 milioni di abitanti del Principato) è calato il sipario dopo 47 anni ed è "finalmente" la parola che riassume questa svolta storica mentre qui al di qua della Manica, sotto il sole che persino scalda, inizia il primo giorno da extracomunitari.

«"Finalmente" senza riferirsi al pro o al contro Brexit - dice il console Marco Boldini, avvocato e notaio, che nel "suo" territorio dall'Inghilterra del Nord al Galles ospita un terzo dei 600mila italiani in Gran Bretagna -. È che non se ne poteva più di questa situazione d'incertezza, di smarrimento, di lacerante tira e molla che ha macinato governi e sicurezze, che ha messo in crisi ciò che a noi italiani è sempre piaciuto di questa nazione tanto che abbiamo scelto di abitarci: il senso dell'accoglienza, della capacità di includerti nella sua maniera di vivere».



E Luca, maitre del ristorante Giovanni's, mai un tavolo vuoto: «Senza neanche muoverci, nel giro di una notte, siamo usciti dall'Unione europea: curioso no? Sono qui da 20 anni e non temo contraccolpi anche economici, magari dovremo fare qualche scartoffia in più, magari gli ultimissimi arrivati fra gli italiani faranno più fatica, ma l'importante è che adesso si riparta, basta con queste polemiche che mai mi sarei aspettato in questo paese. Qui in Galles hanno votato, un po' a sorpresa, per il leave, ma di pancia e magari dopo in molti se ne sono pure pentiti, ma ora andiamo avanti».


Da sinistra il console onorario Marco Boldini e il console generale Marco Villani

Cardiff è l'unica città al mondo che fa scrivere Close for rugby (scritto anche in celtico, va da sé) sui tabelloni luminosi della viabilità per ricordare che in questi giorni si può raggiungere solo a piedi il maestoso Principality Stadium costruito così al centro del centro storico che è come se l'Olimpico fosse al posto della Barcaccia di Piazza di Spagna.






CHIUSO PER RUGBY

Così il primo Brexit day nel Principato finisce travolto nella follia della palla ovale che ogni gallese ha nei cromosomi. E nessuno si fila il drappello degli irriducibili anti Brexit che in Queen Street sventola le bandiere Ue attorno alla statua di Aneurin Bevan, ideatore del servizio sanitario nazionale: ora, temono in molti, l'erosione del welfare state accelererà nel nome delle privatizzazioni auspicate da Johnson e Farage.

«Invece non c'è nulla da temere - dice Jill Morris, ambasciatrice a Roma del Regno Unito, radici gallesi ovvero appassionata e competente di rugby, ieri allo stadio -. A Cardiff si respira una bellissima atmosfera: è magnifico vivere qui una giornata così speciale. Come ha detto il Primo ministro Johnson, da oggi si volta pagina. Sono stati anni impegnativi ma proficui, siamo particolarmente soddisfatti di poter rassicurare i nostri cittadini, gli europei in Uk e i britannici in Ue sui loro diritti acquisiti che verranno rispettati. Si apre una nuova fase, avvincente e promettente, in cui Regno Unito e Ue potranno finalmente affrontare il tema della nostra futura relazione, che sono certa potrà rimanere stretta e speciale. Ai tantissimi italiani che hanno fatto del Regno Unito la propria casa voglio dire grazie! Il vostro talento continuerà ad essere il benvenuto e il vostro contributo alla società, all’economia e alla cultura del mio paese sarà sempre apprezzato».


L'ambasciatrice del Regno Unito a Roma, Jill Morris

Intanto al piccolo aeroporto di Cardiff ai tanti italiani arrivati per il match controllano meticolosamente passaporto e carte d' identità (valide ancora per l'ingresso nel 2020), ma non è per diffidenza: è solo per fare alla fine il solito sorrisino. «E' qui per il rugby, vero?», chiedono gli agenti della polizia di frontiera. «Forza, l'Italia perderà (42-0, mannaggia, ndr), ma è normale, per noi gallesi il rugby è motivo di identità nazionale. La Brexit? Mi creda o no, ma tutt'ora nessuno ci ha avvisato di qualcosa, nessuna modifica ai controlli delle procedure d'ingresso, in questi giorni, salvo quelle legate alle precauzioni per chi arriva dalle aree interessate dal coronavirus».

Paolo Ricci Bitti

Rugby, Sei Nazioni: Galles micidiale, la nuova Italia battuta 42-0 - di Paolo Ricci Bitti
 


Ultimo aggiornamento: Domenica 12 Dicembre 2021, 20:55
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